Italia mia: lupi e agnelli

di Domenico CARUSO –

Lo spunto iniziale della canzone politica del celebre poeta Francesco Petrarca (1304-1374), precursore dell’Umanesimo, si traduce in un monito e in un’appassionata perorazione ai prìncipi italiani affinché, abbandonati i loro interessi particolari, rivolgano la loro azione al bene del Paese:

«Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che’ miei sospir’ sian quali
spera ’l Tevere et l’Arno,
e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio».

Anche il sommo poeta Dante Alighieri (1265-1321), analizzando il degrado politico non solo italiano, paragona la nostra Terra ad una nave senza guida in mezzo alla tempesta e lancia l’invettiva:

«Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!» (Purg. VI, 76-78)

La nostra burocrazia frena la produttività delle imprese e l’innovazione tecnologica; siamo ultimi in Europa per quella fiscale e la qualità dei servizi civili lascia a desiderare. Su 28 Paesi monitorati sulla struttura della pubblica amministrazione occupiamo il 23° posto. La legislazione italiana conta 110 mila norme sedimentate in decenni. Il livello di corruzione è preoccupante. Mentre i dirigenti non sono obbligati a dichiarare i propri redditi, chi ha lavorato onestamente per una vita viene spennato fino all’osso. Le disuguaglianze socio-economiche fra il Nord e il Sud sono ben note: ad esempio, l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (progettata fin dal 1961) dopo oltre 55 anni necessita ancora di indispensabili interventi.
Il Covid-19 ha rivelato l’abbandono del Sud in campo sanitario con situazioni da terzo mondo. Privo di ospedali, il nostro popolo oltre ad emigrare in cerca di lavoro è costretto a ricorrere altrove per farsi curare.
Eppure il Meridione, come testimonia il nostro passato (v. Regno delle Due Sicilie), potrebbe creare benessere sia per la ricchezza naturale del territorio che per l’operosità e la virtù dei cittadini. I politici dovrebbero alfine ascoltare le nuove generazioni che si sentono ancora definire “terroni” da quelle del Nord mentre, al contrario, costituiscono il progresso delle altre Regioni.
I prepotenti calpestano i deboli con falsi pretesti come simboleggia l’antica favola del lupo e l’agnello, da me composta nella seguente moderna e satirica versione:

Lupi e agnedi

’O mundu ’nci su’ lupi e puru agnedi,
i lupi grossi stannu o’ Parlamentu,
chidi affamati sunnu a menzu e’ pedi,
’nda lli Comuni mai non hannu abbentu.

Sùcanu ’u sangu peju di l’addedi
all’omu ch’è di bon cumportamentu,
a undi guardi guardi tu li vedi:
pecchì su’ egoisti, statti attentu.

’Na vota lu rispettu cunsentiva
di stari ’n paci ’nda la cumpagnia,
cu’ porti aperti e senza privazioni.

Cu’ la famigghja a chiesia po’ si jiva,
o’ focularu v’era l’allegria,
senza atri cosi né televisioni.


Lupi e agnelli

Nel mondo ci son lupi e pure agnelli,
i grossi lupi siedono in Parlamento,
gli affamati stanno fra i piedi,
nei Comuni sono senza requie.

Succhiano il sangue peggio delle mignatte
all’uomo dabbene,
li trovi dovunque:
attento perché sono degli egoisti.

In passato il rispetto favoriva
di stare in pace nella compagnia,
l’uscio di casa restava aperto senza ostacoli.

Ci si recava in chiesa con la famiglia,
accanto al focolare regnava l’allegria,
senza altre cose né televisione».

S. Martino di Taurianova (RC)- 2022


La Ciminiera – Aprile 2022