La Loggia massonica “Tommaso Campanella”, il Circolo di Cultura “Giordano Bruno” e la stampa anticlericale a Catanzaro

di Antonio IANNICELLI

All’inizio del secolo scorso, la Massoneria catanzarese, pur essendo impegnata nel sociale, con la realizzazione di opere di beneficenza a favore degli oppressi e dei diseredati, non riuscì a sfuggire alla Scomunica Maggiore da parte della Chiesa locale.

Alla fine dell’Ottocento, quando i propositi per affrontare il nuovo secolo erano da tutta la Società Civile incentrati all’abbandono del “vecchio” ed indirizzati al rinnovamento, all’affermazione degli ideali di libertà e di progresso dei popoli, due eventi di notevole importanza scuotono l’opinione pubblica di una sonnacchiosa città di provincia, quale doveva essere Catanzaro all’approssimarsi del Novecento.
Dopo la presa di Porta Pia, nel settembre 1870, il Papa aveva denunciato a tutte le Cancellerie europee, l’aggressione subita dallo Stato Sabaudo, perché di aggressione di uno Stato indipendente si era trattato e non vi potevano essere giustificazioni di sorta, se non quelle patriottiche-massoniche che realizzavano con Porta Pia, Roma capitale dello Stato Unitario italiano. Lo scontro tra la Chiesa e le Associazioni massoniche, in atto da tempo, era essenzialmente lotta contro l’assolutismo regio e il potere temporale del Papato. I liberi muratori combattevano, comunque, tutte le tirannie, le restrizioni della libertà, del pensiero e dell’azione, sotto qualunque forma si presentassero. I rapporti si erano, perciò, deteriorati dopo l’evento romano del 20 settembre 1870; netta rimaneva, infatti, la lacerazione tra mondo cattolico e mondo laico! Quel mondo laico fatto proprio di quelle Associazioni combattentistiche, Società operaie e Società patriottiche che guardavano ammirate al Pensiero internazionale e che non mancavano di celebrare e testimoniare l’evento con l’apposizione di targhe e insegne commemorative. Quella fatta murare il 20 settembre 1870 dalla Massoneria cosentina sul lato sinistro del teatro Rendano in Piazza 15 marzo, riproduceva l’epitaffio: “20 settembre 1870 – Questa data politica dice finita la Teocrazia negli Ordinamenti Civili. Il dì che la dirà finita moralmente, sarà la data umana” [ANONIMO, Massoneria e Massoni a Cosenza, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza, 2012, p. 197.]
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento si era registrato una ripresa ed un notevole sviluppo della Massoneria in provincia di Catanzaro, dopo una lunga pausa e ciò era avvenuto grazie alla risorta loggia “Tommaso Campanella”, ricostituita il 7 novembre 1890, in casa di Giuseppe Rossi, sindaco della città e, successivamente senatore del Regno [Rosalia CAMBARERI, La Massoneria in Calabria dall’Unità al Fascismo, Brenner, Cosenza, 1998, p. 98.]

Anche la stampa faceva la sua parte: nel 1887 vede la luce il periodico La Giovine Calabria, fondata da alcuni massoni, tra cui Giovanni Jannoni ed Odoardo Squillace; poi è la volta, il 18 luglio 1895, del bisettimanale La Giostra, sorto per “ridestare allo spirito dell’età nuova la regione calabrese”; trai suoi direttori i “fratelli” Luigi Scrivo, Nicola Lombardi e Alessandro Turco.
Davanti al proliferare di associazioni e testate giornalistiche che diffondevano le idee massoniche, la Chiesa locale aveva reagito tramite il suo massimo esponente, il Vescovo Bernardo De Riso. Questi, nella lettera Pastorale indirizzata al Clero e al Popolo della Diocesi di Catanzaro per la Quaresima del 1899, dopo essersi tanto addolorato per il “traviamento dei costumi religiosi e morali” del suo popolo, aveva messo in guardia e diffidato i suoi dilettissimi diocesani “a dare il loro nome ad alcuna Società sia pubblica o segreta condannata dalla Chiesa, senza incorrere nella Scomunica Maggiore, pena massima colla quale Ella punisce la ribellione dei suoi figli, i quali rimangono segregati dalla comunione dei fedeli”.
La Chiesa così non lasciava spazio per un distinguo tra società filantropiche, di mutuo soccorso, e patriottiche ispirate al libero pensiero; il solo giudizio di condanna doveva bastare al vero cristiano per tenersene lontano. Chiunque, intervenendo a “quelle adunanze nelle quali si è certi che si tengono discorsi, si leggono libri e giornali che sotto il nomignolo di anticlericali sono in sostanza anticattolici ed anche antisociali”, commetteva un peccato grave.
Il vescovo va oltre! Nel prendere atto che anche nella Diocesi di Catanzaro, la propaganda massonica “tiene il campo”, mette in guardia quanti incautamente vengono adescati “dalle parole lusinghiere di Società filantropiche e di Mutuo soccorso”, precisando che con queste parole “vengono ad essere accalappiati più facilmente i giovani studenti per ottenere protezione, incominciando dagli esami scolastici e gli operai per soccorsi temporali” [Lettera Pastorale del Vescovo Bernardo De Riso per la Quaresima del 1899, Biblioteca Diocesana “A. Lombardi”, Catanzaro.].
La Massoneria catanzarese, che si riconosceva nel Circolo culturale “Giordano Bruno”, reagisce alla scomunica del Vescovo, addirittura fondando un giornale: il Lux nel cui sottotitolo della testata riportava il pensiero del filosofo: Post tenebras spero lucem. Con l’articolo “Logica Clericale”, pubblicato sul numero uno del 16 marzo 1899, il Circolo accusava la Chiesa locale di immobilismo, di logica egoistica, evidenziando di fatto che mentre lo Stato “accresce le istituzioni umanitarie, organizza con leggi e con milioni la carità, raccoglie, nutre, educa reietti, i sordo muti, i ciechi, gli orfani, i figli dei condannati (…) la Chiesa non potendo più accendere i roghi, lancia anatemi e mette in discussione, anche oggi, Satana e Inferno” [Logica Clericale”, in: Lux, Catanzaro, a. I, n° 1, 1899.].
E ancora, in una lettera aperta al Prefetto di Catanzaro i giovani del Circolo avevano aspramente contestato l’operato del predicatore Don Tommaso Mattocci, definito “un insultatore e null’altro”, il quale dal pulpito del Duomo aveva lanciato, impunemente, “insulti alla scienza ed agli atleti della scienza, insulti al libero pensiero, insulti alle istituzioni e financo alle leggi, alla libera stampa ed alla gioventù” e contro il quale i giovani, a gran voce, chiedevano andasse applicato l’art. 182 del Codice Penale che, per l’appunto, sanzionava: “Il ministro di un culto che, nell’esercizio delle sue funzioni, pubblicamente biasima o vilipende le istituzioni, le leggi dello Stato o gli atti dell’Autorità è punito con la detenzione sino ad un anno e con la multa sino a mille lire”.
I capi di imputazione c’erano tutti e il Prefetto, penso, dovette barcamenarsi non poco per sedare gli animi dei giovani massoni che all’accusa di associazionismo segreto erano usciti allo scoperto riportando in prima pagina il loro pensiero: “E’ la Massoneria che si appiatta dietro al Circolo Giordano Bruno; è la Massoneria che ha scritto il Lux; è la Massoneria che si prepara per le future elezioni”, evidenziando, ancora, in un trafiletto di ultima pagina l’assioma: “Non è affatto vero che la Massoneria ci abbia suggestionati per fondare il Circolo Giordano Bruno, il Lux, la protesta del predicatore ecc. siamo stati noi invece che ci siamo rivolti a tutti gli onesti per avere un soccorso e se ci sarà bisogno, anche altra volta ci rivolgeremo con voce franca e sicura”.
Da come riporta il giornale nella rassegna in vernacolo “La nota popolare”, una vera chicca, a leggerlo non erano solo liberi cittadini, uomini e donne, ma anche gli stessi preti, che lo facevano di nascosto e, se scoperti, s’inventavano la scusa di averlo acquistato per bruciarlo.
Né possiamo pensare che le Associazioni di libero pensiero fossero prerogativa solo di Catanzaro. Un altro Circolo, sempre dedicato a Giordano Bruno, era sorto a Cortale, sostenuto da Andrea Cefaly (Cortale 31 agosto 1827, ivi, 3 aprile 1907), pittore e soldato risorgimentale, deputato al Parlamento Nazionale (1875-80). Sarà proprio Andrea a decorare l’insegna del Circolo insieme al figlio Raimondo e al cugino Antonio.

Sensibile ai fermenti antiaccademici, Andrea si era unito a Napoli alla libera scuola di pittura di Giuseppe Bonolis e da antiborbonico aveva preso parte ai moti in Calabria per la realizzazione della Repubblica di Filadelfia. Uno spirito amante della liberta, un massone che diverrà maestro del Grande Oriente d’Italia, e grande amico di Giolitti.
Agli albori del Novecento il clima anticlericale nella città di Catanzaro si scopre, marcatamente veicolato, oltre che dal Lux, anche dal Corriere Calabrese. Quest’ultima testata, nell’editoriale “Il XX settembre nella nostra città”, del 25 settembre 1895, a 25 anni da quell’evento che “aveva liberato il mondo dalla più funesta delle tirannidi”, descrive una città in festa, “con la banda cittadina percorrere sin dalle 7 del mattino le vie, suonando inni patriottici e marce allegre (… ) con negozi, uffici, balconi e finestre delle case private imbandierate”. Quindi una grande partecipazione popolare; una grande adesione a quello che era l’ideale massonico.
Ma vediamo più precisamente quali sono le Associazioni che in corteo, con musica in testa, partono alle ore 12 e mezzo dal Municipio e sfilano per la città: Società dei Reduci delle patrie battaglie e sottufficiali in congedo; Società Umberto I; Società Principe di Napoli; Società Operaia ed Agricola di Mutuo Soccorso; Società Fascio Operaio; Società degli Impiegati nelle Calabrie; Croce Rossa Italiana.
E ancora rappresentanti dello Stato e della Società Civile, tutta gente “rispettabilissima” che non aveva voluto far mancare la propria partecipazione, che “aveva voluto metterci la faccia”. L’editoriale ne cita i nomi e noi da quelle righe comprendiamo chi a quel tempo “contava in città”:

“Apre il corteo il colonnello dei carabinieri in ritiro cav. Vincenzo Russo, dal petto fregiato di numerose medaglie. Al gran salone municipale sono presenti il Prefetto comm. Morelli, il Generale di brigata, il Procuratore generale comm. Virzi, il Consigliere delegato cav. Sermanni, il Presidente del tribunale cav. L’Occaso, il Direttore della Banca d’Italia cav. Nicolini, i Sostituti procuratori generali cav. D’Auria e Serrao, i Consiglieri di Corte d’Appello cav. Vaccaro, Cannella e Scarfoglio, l’Ispettore forestale, il vice avvocato erariale cav. Pittoni, il Pretore avv. Arnone, il cav. Cerimele, il cav. Varcasia e le signore Conti, Tarnassi, Marincola, Zangrandi, Pittoni e molte altre fanno gli onori di casa, il prosindaco professore Vitale, il cav. Cirillo e il cav. Pace”.

Studi specifici hanno rilevato che fra gli aderenti alla Massoneria predominavano gli impiegati statali e quelli degli enti locali, con funzione direttiva e, fra di loro, in particolare, i magistrati, gli ufficiali dell’esercito e gli insegnanti medi ed elementari; seguivano poi, i professionisti, fra i quali avevano un posto rilevante i medici e gli avvocati e, da ultimi i commercianti e i benestanti. E gli operai? Quelli sceglievano le Società di Mutuo Soccorso, anche perché l’iscrizione alla Massoneria “comportava una tassa d’ingresso che agli inizi del 1900 era di cento lire e il contributo, da pagare anticipato, di nove lire per trimestre; somme difficilmente compatibili con i salari operai dell’epoca” [Ferdinando CORDOVA, Massoneria in Calabria (Personaggi e documenti 1863-1950), Pellegrini, Cosenza, 1988, pp. 30, 31.].
La locale loggia massonica “Tommaso Campanella”, nel discorso pubblico pronunciato dal Prof. Vitale per la ricorrenza del XX settembre del 1895, viene elogiata per aver contribuito insieme ad altre Associazioni ad “accorrere in aiuto di coloro cui la miseria ha reso dura la vita”. Infatti aveva, generosamente, concorso alla celebrazione con l’offerta di “una cartella di cinque lire di rendita all’Orfanotrofio maschile della città e con la messa a disposizione del Municipio di 700 pani da distribuire ai poveri” [“Il XX settembre nella nostra città”, in: Corriere calabrese. Gazzetta di Catanzaro, Catanzaro, n. 59, 25 settembre 1895.], trovando grande consenso nella popolazione.
Il fascismo non tollerò la massoneria benché illustri suoi componenti ne risultassero iscritti. Con l’applicazione della legge 26 novembre n° 2029 del 1925 veniva imposto agli impiegati ed agenti dello Stato e degli Enti locali l’obbligo di dichiarare l’appartenenza “ad associazioni Enti o istituti di qualunque specie costituiti nel Regno o fuori ed operanti anche solo in parte, in modo clandestino od occulto, o i cui soci siano comunque vincolati dal segreto”. Le dichiarazioni dovevano essere rilasciate sia dagli impiegati e salariati comunali, sia da quelli delle Opere Pie. Tra le tante istanze-tipo rintracciate presso l’Archivio di Stato di Catanzaro [ASCZ, Fondo di Gabinetto di Prefettura, Segnalazioni al Prefetto di Catanzaro, Busta 539], riportiamo quella sottoscritta dal Sig. Baldassare Rossi, Vice Segretario di PS:

Io sottoscritto dichiaro, impegnando la mia parola d’onore, di non appartenere ad alcuna Associazione politica, tanto meno alla Massoneria.
Catanzaro 18 agosto 1930 –
Baldassare Rossi,
Vice Segretario di P.S.

Nessuno doveva sfuggire al controllo del Regime. Il libero pensiero era finito!
E così il “Nuovo Ordine Costituito” indagherà finanche sui partecipanti ai funerali di chi era stato nella vita, anche solo temporaneamente, massone, come nel caso del funerale del farmacista Armando Massara, massone ed antifascista catanzarese. Secondo una segnalazione della Questura di Catanzaro, parteciparono al corteo funebre che si era svolto il 14 gennaio 1934,
“numerose persone tra le quali il Vice Prefetto Comm. Cesareo, l’Avvocato Erariale Comm. D’Agostino, il Podestà Comm. Avv. Larussa, il Vice segretario Federale Avv. Sapia, il Rag. Bruzzese, Comandante in seconda dei Fasci giovanili e molti altri fascisti, il direttore dell’Ospedale Dott. Prof. Aloi, il Dott. Colao e diversi altri medici, tutti i farmacisti del Capoluogo col gagliardetto del Sindacato Fascista Fedici e Farmacisti, molti avvocati fra i quali Casalinuovo, Bruni, Franchi, Giglio, Greco, Lombardi, Moro e Zimatore. Dei massoni, oltre i detti Colao, Casalinuovo, Moro, Lombardi e Greco, furono notati il noto massone Cannistrà Gregorio, presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso “Principe di Napoli”, Masciari Luigi, impiegato del Comune, Foderaro Quintino, commerciante. Vi erano poi, gli antifascisti avv. Cappa, avv. Catania, Paparazzo Italo, ex confinato politico col padre ed il fratello Giovanni e Maruca, comunista.
Partecipò al corteo anche il Clero, con a capo il canonico Comm. Pittelli. Molte furono le corone inviate, circa quaranta, fra le quali ne venne notata una grande di edera e garofani rossi, senza nastro, che prese posto davanti al Clero, rappresentato dal Canonico Comm. Pittelli.
La bara fu portata a mano dai farmacisti giovani e dall’ex confinato Paparazzo suindicato. I cordoni erano tenuti dal Comm. Larussa quale Presidente del Circolo “La Casina”, di cui il defunto era socio, dai detti Comm. D’Agostino, Dott. Aloi e farmacista Frangipane” [ASCZ, Fondo di Gabinetto Prefettura, Funerali del farmacista Massara, massone antifascista, Busta 539, cit]
Tutta gente che per le cariche che rivestiva non doveva trovarsi in quel posto ad omaggiare un massone: un nemico del Regime. E poiché alla Questura di Catanzaro era stato riferito che oltre al Podestà locale, Comm. Larussa, anche il Vice Prefetto, Comm. Cesareo aveva tenuto uno dei cordoni del feretro, viene interessato il Prefetto “per esprimere l’avviso su gli eventuali provvedimenti da provocare”.
La richiesta di notizie era partita dal Gabinetto del Ministro dell’Interno. Interpellati gli interessati, il Podestà Larussa, chiarisce prima per le vie brevi la motivazioni della sua presenza alla cerimonia funebre, ma, successivamente, ritiene necessaria formalizzare al Prefetto la sua posizione, evidenziando che non aveva nulla da rimproverarsi. La lettera, dal tono deciso, si trova nei documenti dell’Archivio di Stato di Catanzaro, è un esempio di correttezza oltre che politica soprattutto morale che vale la pena riportare:

Riservata alla persona

Catanzaro 14 febbraio 1934, anno XII

Eccellenza,

[…] sento l’imperioso dovere di ripeterle per iscritto quanto ebbi l’onore di dirle a voce, e questo non per mia giustificazione, ma per uno sfogo naturale della mia coscienza che non ha nulla da rimproverarsi. Io seppi della morte del Massara appena un’ora prima dei funerali, mentre ero al club di Ricreazione da me presieduto e fui pregato dai consiglieri e da vari soci d’intervenire con loro alle esequie del farmacista che da molti anni era socio fondatore del Circolo, come lo è attualmente il fratello dottore Oreste. Mi recai alle esequie, nulla notando di anormale ed avendo l’impressione che la partecipazione della cittadinanza ai funerali fosse dovuta esclusivamente al cordoglio per la morte improvvisa di un giovane che lasciava la famiglia in disagiatissime condizioni finanziarie ed alle numerose relazioni di parentela ed amicizia avendo il defunto sposato la figlia di un alto funzionario (il Comm. Vice Prefetto Gentile) ed essendo cognato di due impiegati alle poste di Catanzaro e fratello di un medico che ha larga clientela e della Direttrice del nostro Asilo Infantile “Guglielmo Pepe”, premiata dal Ministero dell’Educazione Nazionale con medaglia d’oro” […]

Per giustificare la partecipazione alla cerimonia funebre, avvenuta nella ordinaria legalità, il Podestà non rinuncia ad elencare tutte le personalità cittadine intervenute, precisando che a seguire la salma c’era il Gagliardetto del Sindacato Fascista dei Farmacisti, con alla testa il Segretario del Direttorio, perciò continua la sua lettera:

[…] Ricordo fra le molte autorità e personalità intervenute ai funerali (tanto per citare qualche nome), il Comm. Nicola Siciliani, l’Avvocato Capo dello Stato D’Agostino, il Comm. Dott. Aloi, l’avvocato Filippo Folino, l’avvocato Guido Bruni, l’avvocato Arnaldo ecc. tutti fascisti di antica e provata fede.

La salma era anche seguita dal Gagliardetto del Sindacato Fascista dei Farmacisti con alla testa il Segretario e il Direttorio.

Se qualcuno abbia voluto poi dare un altro significato alla manifestazione, che per me e quasi tutti fu di puro dolore, credo che abbia completamente errato, e se qualche gesto ci fu di dubbia interpretazione, esso non fu rilevato da alcuno durante il corteo e deve, indubbiamente ritenersi opera di pochi sconsigliati, i quali non devono comprendersi con l’intera popolazione, ignara di quanto si era potuto ordire nell’ombra, in luttuose circostanze.

Del resto V.E. che con tanta saggezza ed energia regge la nostra Provincia, non mancherà di apprendere la verità dei fatti, scoprendo e punendo i colpevoli, i quali si sono permessi di compiere un gesto criminoso e, quel che più conta, hanno tentato – speculando sulla morte – d’infamare un’intera cittadinanza, sempre devotissima al Regime. E resterà convinta di quanto ho avuto l’onore di riferirle, tenendo presente ch’io per tradizione familiare e per sentimento non ho mai appartenuto a Sette e che ho consacrato dal 1923 tutta la mia modesta opera al servizio del Regime.

Le aggiungo in ultimo ch’io non ebbi mai vincolo di amicizia col farmacista Massara, ch’io conobbi in qualche riunione al Comune, nella vera qualità di farmacista notturno e per i due figli, studenti universitari iscritti al Gruppo Universitario Fascista dei quali uno fu premiato con diploma di Capo Centuria giorni fa della M.V.S.N.

Con devoti ossequi

Domenico Larussa

Lettera del Podestà Larussa

Purtroppo nonostante la dichiarazione di stima e devozione formalizzata dal Podestà, Il Capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno farà pervenire al Prefetto il proprio “rincrescimento” con la motivazione: “il Vice Prefetto Comm. Cesareo ed il Podestà Comm. Larussa non hanno avvertito la inopportunità della loro partecipazione ai funerali del farmacista Massara, dati i precedenti politici di lui”, concludendo la nota con l’invito “a volerli richiamare a maggior senso di responsabilità per l’avvenire”.
Ripristinate le libertà individuali con la nascita della Repubblica, negli anni Sessanta/Settanta del secolo scorso, sullo slancio della dottrina promulgata dal Concilio Vaticano II, tra la Chiesa e la Massoneria c’era stato un gran dialogare. Era stata avanzata, da parte del Patriarca dell’America Latina, l’ultra progressista vescovo di Cuercanava Sergio Mendez Arceo, una richiesta esplicita di revocare la scomunica ai massoni. Ma la svolta pacificatrice tanto attesa, dopo un iniziale dialogo che lasciava sperare in qualcosa di costruttivo, alla fine non c’era stata. Gli spazi aperti col dialogo promosso da Giovanni XXIII col Vaticano II e, successivamente continuati con Paolo VI, sono stati congelati dagli ultimi Papi. La condanna era e resta.
Mi piace concludere questo articolo con il pensiero di un apprezzato studioso locale, Angelo Di Lieto, che evidenzia in un suo recente studio, affascinante per i richiami alla simbologia e al rito di iniziazione, come la Massoneria, oggi, “non può essere condannata perché non è più, né una setta segreta, né una religione; è soltanto una comunione di spiriti liberi presenti nella Società con una propria etica e cultura secondo la tradizione massonica. Ne consegue che ognuno è libero di esprimere le proprie idee e le proprie convinzioni nel pieno rispetto della reciproca dignità delle regole e del dialogo esistente fra gli uomini” [ Angelo DI LIETO, “L’Architetto Hiram ed il tempio di Salomone”, in: Quaderni del Centro Studi Bruttium, allegato al periodico La Ciminiera, n° 4, 2021.].

La Ciminiera – Aprile 2022