La Calabria attende e spera

di Domenico CARUSO –

Domenico Caruso e i ragazzi del 1973

«Nessuna società può essere felice se la sua maggior parte è povera e miserabile», afferma il noto economista e filosofo scozzese Adam Smith (1723/1790).
Commossa dalla pietà accordatale da Dante, Francesca da Rimini rimpiange il passato felice concluso con la dannazione eterna. Il racconto ha talmente emozionato il poeta da farlo svenire. La nobildonna dichiara:

… «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria… » (Inf. V, 121-123)

Tutto s’addice alla triste realtà della Terra di Calabria!
Fino al 1860 il Regno delle Due Sicilie si avviò verso un riformismo consistente, venne abolita la feudalità e l’Italia divenne tra gli Stati meglio amministrati e progrediti d’Europa.
L’opera dei Borboni fu agevolata da eccellenti collaboratori come il marchese Domenico Caracciolo (1717-1789) e il principe Francesco D’Aquino (1738-1795).
Il primo rimise in sesto il Regno sia dal punto di vista giuridico che da quello economico, l’altro fu molto amato dalla popolazione siciliana per il suo operato filantropico.
Tra le altre grandi imprese del re delle Due Sicilie (1830-1859) segnaliamo la prima linea ferroviaria, il ponte sul Garigliano, l’illuminazione a gas nella città di Napoli, la fabbrica di Pietrarsa.
Un aneddoto rivela il carattere di “Re Bomba”.
Il 13 ottobre 1852, nelle Serre con la carrozza reale Daumont, Ferdinando II viaggiava con il figlio al quale chiese: «Né, Ciccì, tu magni senza pane?».  «Papà, è duro e stantìo!», rispose il ragazzo.
Stupito il sovrano, replicò seccato: «Magnatello, e l’avarrissi sempre! Vi magnano i surdati, che ssò meglio e nui»
Il cameriere Galizia non si era fornito del pane fresco e servì, durante quella sosta, due polli e il pane della truppa.
Superata l’Angitola dopo San Nicola, a Centofontane, sarebbero presto giunti a destinazione 12.000 soldati dislocati nelle Serre.
Per volere dell’arciprete e del clero, il re sostò a Serra e, inginocchiatosi davanti al busto di San Bruno, chiese ai religiosi di essere raccomandato alla Madonna.
In segreto, quindi, si recò a visitare la nuova fabbrica d’armi sorta dopo che un alluvione aveva distrutto la vecchia. Visionò, di persona, la ferriera che consentiva al Regno di essere autonomo nella produzione di armi e si vantò della grande opera. Nel 1838 ripartì tra i cittadini più bisognosi le terre appartenenti al demanio, che venivano sfruttate con prepotenza dai “gentiluomini” del posto.
Sul letto di morte Ferdinando II confessò di aver rinunciato alla corona d’Italia per non ledere il diritto degli altri regnanti italiani, in particolare quello del Papa.
Il torto di Ferdinando II fu quello di inimicarsi con Londra la quale, in prossimità dell’apertura del Canale di Suez, non gradiva la presenza di un’altra grande potenza nel Mediterraneo.
Altri episodi riguardanti il regno di Ferdinando II furono destabilizzati dagli inglesi. Anche nel 1860 lo sbarco dei Mille a Marsala fu protetto dalle navi della Gran Bretagna e l’esercito garibaldino fu in parte finanziato con i soldi inglesi.
Il poeta e scultore Mastro Bruno Pelaggi (1837-1912) di Serra S. Bruno (VV), tra verità e ironia, così si rivolse al Re d’Italia Umberto I di Savoia (1844-1900) per denunciare la triste situazione in cui versava il nostro popolo:

  

  A ’Mbertu Primu 

Basta! «Simu taliani!»
Gridammu lu «sissanta»
e mmo’ avògghja ’mu canta
la cicala!
La fami cu’ la pala
si pìgghja, e cu’ la zzappa;
cu’ poti si la scappa
a Novajorca;
a nnu’atri ’ndi tocca
suffrir a mussu chiusu
cu’ caci a lu pirtusu
di lu culu.

Il 17 marzo 1861 (oltre 160 anni orsono) è stata proclamata l’Unità d’Italia, con Vittorio Emanuele II che venne eletto Re del primo Parlamento nazionale.
Massimo d’Azeglio (1798-1866) sentenziò che “Fatta l’Italia bisognava fare gli italiani”. Il Regno d’Italia presentava gravi problemi e profonde differenze tra le varie regioni. Giuseppe Garibaldi sostenuto dalle élites locali, dal clero e dai contadini, godette di un’autentica popolarità.
L’unificazione del Meridione con il Nord si verificò in modo inaspettato. I Mille provenivano in gran parte dalle città lombarde e la loro ambita meta finale rappresentava Roma.
Sia i garibaldini che i moderati sottovalutarono la crisi in atto del Sud.
Il programma riformatore del Regno non riuscì che a scalfire appena i problemi economici. La decisione di estromettere dagli incarichi i sostenitori di Garibaldi fu l’errore più grave commesso dal Governo nel Sud e ciò generò problemi per la sicurezza specialmente nelle campagne.
La terra fu causa di divisioni fra le comunità, motivo di miseria e di conflitti.
L’introduzione di nuove imposte e della leva obbligatoria inasprì il malcontento popolare.  Il trattato di Vienna del 1866 pose fine alla terza guerra d’indipendenza.
Il Sud entrò a far parte del Regno in modo diverso delle altre regioni.
I meridionali apparivano barbari e incivili, diversi dagli italiani del Nord.
La “Questione meridionale” è ancora formale, una scommessa per il Sud, scritta nei libri di storia, ma l’odierna pandemia ha dimostrato uno spirito di democrazia e una speranza di sviluppo.
Il Meridione è un territorio meraviglioso, ricco di risorse e molto virtuoso. Non è figlio di un Dio minore: ha bisogno di essere incoraggiato e aiutato. Le nuove generazioni sono una garanzia di successo, chiedono soltanto che si realizzi finalmente l’Unità d’Italia.

Domenico Caruso
Martino di Taurianova (RC)

La Ciminiera – Marzo 2022