IL MISTERO DEL VASO DI BASANO

di Raoul ELIA

La storia del paranormale è piena di oggetti “infestati”. Ma questi, di solito, sono oggetti che, in qualche modo, sono spazi deputati alla (non) vita ultraterrena, così come lo erano per la vita terrena: case, autobus, metropolitane, taxi, persino armadi possono ospitare ed hanno ospitato da sempre, nella letteratura come nella vita (si fa per dire, ovviamente) demoni e fantasmi. Ma il primato per l’infestazione più strampalata di tutti i tempi è sicuramente quella del famigerato vaso Basano.Il vaso detto “di Basano” è, a detta degli esperti, uno degli oggetti più infestati al mondo, a causa della maledizione e delle tragiche morti a lui in qualche modo connesse.
La storia del vaso Basano pare abbia avuto inizio nel XV secolo; più precisamente, si riteneva nel giro degli antiquari (e degli appassionati di mysteri, in verità) che questo antico vaso d’argento con pregiate incisioni sia stato realizzato nella seconda metà del XV secolo da un anonimo incisore napoletano.
Secondo la leggenda che lo accompagna, venne donato in modo anonimo come regalo di nozze ad una giovane donna in un paese non meglio precisato ma situato comunque a nord di Napoli.
Dopo aver ricevuto il dono, proprio durante la notte di nozze, la ragazza sarebbe stata ritrovata morta mentre stringeva a sé il vaso. La sua prematura scomparsa rimase avvolta nel mistero.
Dopo quel tragico evento, il vaso ha avuto una esistenza turbolenta, essendo passato in eredità di famiglia in famiglia. Sempre secondo la leggenda, però, tutti i successivi proprietari sarebbero stati ritrovati morti in circostanze misteriose. L’ultimo proprietario decise, quindi, di sotterrare il vaso in un luogo segreto per porre fine alla sua maledizione. Da allora per molti anni non ci sarebbero più inspiegabili morti.

La maledizione del vaso di Basano sembrerebbe finita. Ma vi sembra plausibile? No, manca il climax. E infatti il vaso e la sua maledizione si limitano a rimanere nel dimenticatoio fino al 1988 quando un uomo lo avrebbe ritrovato sotto la terra del suo giardino, riportando alla luce, con il vaso d’argento, anche la sua antica maledizione. All’interno dell’antico vaso, l’uomo avrebbe anche trovato un biglietto con la scritta, vergata chissà da chi, “Attenzione, questo vaso porta morte”.
Tuttavia, noncurante (o menefreghista, fate voi) del pericolo, l’uomo avrebbe deciso di venderlo. Messo all’asta, se lo sarebbe aggiudicato, per la “modica” cifra di 4 milioni di lire, un farmacista, visto il prosieguo del tutto ignaro del destino che lo attende.
Dopo solo tre mesi, infatti, il farmacista sarebbe morto in un (non meglio precisato) incidente d’auto. La famiglia, decisa a disfarsi dell’oggetto e della sua orribile maledizione lo rivende ad un chirurgo alquanto scettico riguardo la maledizione. E, come da copione, due mesi dopo, alla giovane età di 37 anni, il chirurgo viene ritrovato morto, non si sa come né perché.
Come nei migliori (o peggiori, non so), film di Dario Argento &Co., la maledizione non si arresta. Un archeologo, colpito dalla bellezza del vaso, sarebbe la successiva vittima della maledizione, trovata morta dopo soli due mesi dall’acquisto, a causa di una strana (e anche qui piuttosto vaga) infezione.
La famiglia dell’archeologo avrebbe, con fare piuttosto egoista e cinico, anche lei cercato di vendere (o meglio di sbolognare) il vaso per disfarsi della connessa maledizione. E, siccome la madre degli stolti è sempre in cinta, i familiari dell’archeologo incauto avrebbero rapidamente trovato un altrettanto incauto compratore, forse attratto dalla fama sinistra del vaso, forse noncurante pure lui.
Anche quest’ultimo sfortunato (?) acquirente, ovviamente, ci avrebbe rimesso la pelle, stavolta nel breve giro di appena un mese dall’incauto acquisto. Resi Amazon niente?
Su come proceda la vicenda, da qui in avanti, esistono differenti versioni.
Una di queste racconta che, alla fine, non trovando altri acquirenti, i proprietari abbiano cercato di donare il costoso vaso ai musei locali senza successo. Così, avrebbero messo il vaso famigerato in una cassa di piombo e lo avrebbero sepolto di nuovo, stavolta addirittura in un vecchio cimitero, nella speranza (non so quanto fondata, visto i precedenti) che nessuno lo ritrovi mai.
Un’altra versione, invece, afferma che il vaso sia finito in mano alla polizia. Anch’essa avrebbe cercato di donare l’antico vaso a dei musei ma, come sopra, nessuno di essi lo avrebbe accettato. Nessuna istituzione pare abbia voluto sfidare la le autorità. Gli inquirenti, un po’ per necessità, un po’ per scaramanzia (al secolo “non è vero ma ci credo”) avrebbero così deciso di occultarlo in un luogo sconosciuto a tutti e sicuro affinché nessuno lo ritrovi più.
Si spera.

La leggenda (in)urbana del vaso di Basano è costruita sul modello del contagio: il vaso è collegato ad una morte sospetta iniziale e, per contagio, contamina con la morte tutti i suoi possessori. Associa a questo motivo quello detto della “Maledizione di Tutankhamen”, ovvero dell’associazione di morti di varia natura legate ad un oggetto (in questo caso, il vaso, nel prototipo la tomba del “faraone dimenticato”). Ovviamente, nulla farebbe mettere in correlazione ad un lettore ignaro della presunta “maledizione” le varie morti, soprattutto perché in realtà connesse a cause differenti e senza alcun apparente nesso (incidente d’auto, infezione, infarto)se non, appunto il possesso del misterioso vaso. Se si aggiunge che anche la maledizione è solo “implicita”, in quanto né declamata, né desumibile dalla morte iniziale della prima proprietaria, si può comprendere come il meccanismo che soggiace alla formazione di questa come di altre leggende urbane sia profondo e complesso, spesso al di là dell’evidenza empirica.

La Ciminiera Gennaio 2022