Il gigante “turco” di Bezzecca

Anche l’Italia ha avuto la sua parte di giganti.

Senza scomodare i tanti presunti resti di giganti ritrovati, compreso quello ritrovato nel XVIII secolo in quel di Tiriolo e di cui si è parlato ormai qualche anno fa, esiste anche qualche gigante più recente e, soprattutto, documentato. È il caso di Bernardo Gilli. Il Gilli, detto «elPopo», il pupo, per curioso contrasto con la sua statura, nasce a Bezzecca nel 1726, ultimo di quattro figlidi Bernardo Gilli e Maria Oradini. L’unico con proporzioni smisurate, benché pare che già il nonno avesse fatto parlare di sé per la staturafuori del normale.
Nel 1740 in occasione di una visita in val di Ledro per la cresima, il principe vescovo Antonio Maria dei conti Thun restò sbalordito quando si trovò davanti un “ragazzino” di 14 anni che misurava già un metro e 80 centimetri. La sorpresa aumentò ulteriormente quando, interrogato, il ragazzo rispose a tono e il vescovo lo trovò “ben istruito”. Oltre al catechismo e la storia, sapeva leggere, scrivere e far di conto.
A vent’anni misuravagià due metri e sessanta ed era forse l’uomo più alto del mondo, con i suoi otto piedi e due pollici di Vienna ufficiali, vale a dire circa 2 metri e 60 centimetri. Il giovane colosso rimase in paese fino ai vent’anni, dove strabiliava i compaesani e viciniori caricandosi enormi slitte cariche di fieno sulle spalle. Il curato di Bezzecca testimonierà anni dopo che Bernardo “fino a 20 anni si occupò qui nei lavori di montagna (fieno a Vies e Croina), si caricava le altrui slitte (trose) pel compenso di un po’ di pane di segala”.
Nel 1745 viene notato da Giambattista Perghem, un eccellente equilibrista di Nomi (Trento). Il Perghem (1715-1793), chiamato anche “Carattà”, aveva lasciato il convento dei Trappistidov’era recluso e si era legato ad una compagnia di saltimbanchi ed acrobati. Intravista la possibilità di successo,l’esperto ex frate lo ingaggia per una serie di spettacoli itineranti. Vestiti da turchi i due si esibiranno in Italia e all’estero, davanti a papi e regnanti di tutta l’Europa,fra cui re Luigi XV di Francia e la regina Caterina II di Russia.Il “Carattà” poi sposò una francese e tornò al suo villaggio per godersi una serena vecchiaia.
Fino alla Grande guerra, nel cimitero di Nomi ci sarebbe stata una lapide con iscrizione latina che diceva: “Qui giace Giovanni Battista Perghem, celebre nei giuochi di equilibrio, il quale diversi di tali giuochi inventò lui stesso, molti ne perfezionò. Viaggiò quasi tutta l’Europa facendosi ammirare da tutto il mondo e mettendo insieme ingenti ricchezze. Morì nel Signore di anni 78”.
Bernardo Gilli continuò invece a girare per l’Europa, vestito da turco. Con due servitori viaggiò da Madrid a Varsavia, da Roma a S. Pietroburgo, esibendosi in straordinarie prove di forza. Tanto che un signore di Venezia, sospettando un inganno, pagò una bella somma per vederlo all’opera completamente nudo. Nonostante le proporzioni erculee, pare che il gigante non fosse spaventoso: secondo una testimonianza dell’epoca il volto di Bernardo Gilli «non spicca ferocia, sibbene una tal quale bonarietà da montanaro».
L’esotismo che caratterizza il “costume di scena” di Grilli si spiega se si considera che, per le corti dell’Europa centrale, il Mediterraneo è una entità geografica confusa, resa ancor più complicata dall’alternanza di conquiste. Ecco perché l’esotismo si veste di moda turca. I popoli esotici rappresentano un’alterità inquietante, l’altro che non si conosce e si teme. Ma questo timore può essere contenuto e “destrutturato” se inserito dentro uno spazio “scenico” chiuso e ben delimitato, come quello delle fiere o del circo. In questo modo, privati della componente pericolo, il perturbante“depotenziato” è libero di esercitare fascino, scevro di minacce.
Quando tornò in Patria, all’età di 42 anni, si fece costruire una casa in piazza, situata, apre dove ora sorge il municipio. Con il denaro guadagnato cominciò ad acquistare prati e boschi, fabbricati e campi. Pagava i debiti della povera gente, prestava cospicue somme a vantaggio della popolazione. Consentì, per esempio, l’acquisto del sale per ogni fuoco della sua comunità. Distribuì denaro in soccorso delle famiglie di Lenzumo colpite da una grandinata (23 luglio 1766) che aveva devastato i raccolti. Negli ultimi anni della sua vita perse l’uso delle gambe, non si sa se come risultato del suo gigantismo (all’epoca, non esisteva neanche la definizione, di questa malattia genetica). il “Gigante Buono”, come lo chiamavano i suoi compatrioti, morì a 65 anni, il 27 marzo 1791, nella casa che si era fatto fabbricare a Bezzecca.
Secondo le sue volontà lo scheletro del gigante della Val di Ledro, bollito e ricomposto,venne donato al dottor Canella di Riva del Garda, medico e scienziato dell’epoca, perché lo utilizzasse per scopi scientifici.Partedello scheletro finì poi nel Museo Civico di Rovereto.
Nella stessa sala venivano conservati, pare, un ritratto a grandezza naturale e a una gigantesca calza di seta appartenuti al gigante bezzechese. Nel 1872, l’allora curatore del museo pensò bene di raccogliere questo materiale e dargli la giusta importanza. Fu così che in una sala del Museo Civico roveretano, vennero esposti il cranio e il femore del gigante, insieme al suo ritratto a olio a grandezza naturale e alla sua smisurata calza di seta.Venne allestita addirittura una vetrina contenente i documenti e i passaporti di Bernardo, a dimostrazione dei suoi lunghi viaggi e delle peripezie compiute nel corso della sua lunga carriera.
Ma, durante la prima guerra mondiale, il Museo venne colpito da una bomba e saccheggiato, così dei resti del gigantesco bezzechese non è rimasta alcuna traccia, se non nella memoria degli abitanti.

La Ciminiera – Febbraio 2022