UN NUOVO SANTO CALABRESE

di Domenico CARUSO

Il Venerabile Servo di Dio don Francesco Mottola il 10 ottobre 2021 è stato proclamato Beato.
Nella Concattedrale dello splendido centro calabrese le campane hanno squillato a festa.
«Oggi a Tropea, in Calabria», ha affermato all’Angelus Papa Francesco, «è stato beatificato don Francesco Mottola, fondatore degli Oblati e delle Oblate del Sacro Cuore, morto nel 1969. Pastore zelante, instancabile annunciatore del Vangelo, fu testimone esemplare di un sacerdozio vissuto nella carità e nella contemplazione».
Presieduta da S. E. il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, la cerimonia ha avuto momenti di autentica commozione.
Nel 1942, a 41 anni, don Mottola venne colpito da una paralisi perdendo anche l’uso della parola. Ma la malattia non fermò il suo ministero sacerdotale che condusse con amore e speranza fino alla morte avvenuta il 29 giugno 1969.
Di lui ho scritto su “Calabria Letteraria”, come pure su altre riviste culturali e tante volte ho incontrato a Tropea la sorella del Beato, Titina Mottola definita «un fiore cresciuto all’ombra di un grande albero».
Mettersi al servizio del prossimo, per l’umile servo di Dio, «la via è una, quella dell’anima che scende nell’arsione sempre più piena della carità».
Di questa virtù teologale fu tutta intessuta la laboriosa e travagliata esistenza del sacerdote che rischiara di vivida luce l’intera Regione.
Don Mottola intuì una meravigliosa analogia fra santità e arte, come appare dalla poesia il Canto di mare:
«Lo ascoltavo così, come canto, / lo sbatter dell’onda sul Lido […] Erano aurore e tramonti, eran meriggi ardenti / e mare e luce erano una cosa sola, / erano un solo canto luminoso. // Canto di speranza al mattino, / pienezza meridiana di luce, / al tramonto nostalgia d’infinito, / nell’attesa che il Signore parlasse…».
La produzione epistolare e quella letteraria del Beato si presenta numerosa.
Nel 1930, unitamente al prof. Emilio Frangella, fondò il mensile del Seminario di Tropea «Cor cordium» che può considerarsi l’origine storica della rivista di cultura religiosa «Parva Favilla» – più arde e più splende.
Nell’accettare il suo calvario, don Mottola scrive:
«Io sono / una povera lampada ch’arde. / L’olio d’oro fu raccolto quasi a goccia a goccia, / con lunga pazienza e con amore grande: / l’olio d’oro che ricorda / la pressura dolorosa del frantoio / e l’umiltà / della raccolta su la terra nera. / Fu posto un vaso di coccio / e fu accesa / una lampada ch’arde / alimentandosi della sua morte. / E’ il segreto di tutta la vita: / una fiamma / che cerca spasimando i cieli / e si alimenta di morte. / Arde ancora la fiamma e, / finché il povero vaso di coccio / non andrà in frantumi, / arderà – cercando i cieli».
Per salvare le anime ed accogliere i poveri don Mottola ha creato la Casa della Carità.
Come egli stesso sostiene:
«Nella mia terra di Calabria, ho rifatto in ginocchio la Via Crucis: son passato per tutti i villaggi, sono sceso in tutti i tuguri, ho transitato per tutte le quattordici stazioni. Ho sentito il singhiozzo della mia gente nel mio povero cuore: la gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo non ha conforto come Gesù. Ma è Gesù e bisogna confortarlo nella salita necessaria al Calvario».
Al momento del trapasso il Padre rinnovò l’offerta a Dio ripetendo le Parole: «Eccomi… tutto!».

La Ciminiera Dicembre 2021