LE GROTTE RUPESTRI IN CALABRIA

di Silvana FRANCO –

Grotta di Rocca di Neto (KR)

Di varie dimensioni, sparse in diverse zone del territorio calabrese e del meridione, abitate per secoli in modi differenti… Sono tante le riflessioni che uno può fare entrandoci!
La mente vaga… Ripenso alle grotte di Altamira in Spagna e di Lascaux in Francia, alla vita senza corrente elettrica, quindi senza tv, pc e telefonini.
Rivedo la luce serale e notturna tramite delle lucerne in pietra alimentate dalla combustione di vegetali e sento le fonti di calore emanate dal fuoco! Immagino di vivere lì e di chiedermi:
“Di che cosa mi nutrirò oggi e con che cosa mi vestirò?”
Mi occuperò solo di alcune grotte rupestri presenti nelle varie province della Calabria, visitate da me, mentre, per un elenco esaustivo si può consultare il “Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico” della Regione Calabria, documento nato dalla normativa sulla catalogazione, tutela e conservazione dei beni nazionali.

Si parte dal Paleolitico. L’uomo era principalmente nomade o stabiliva periodicamente dimore più prolungate.
Viveva di caccia, di pesca, usava strumenti di pietra e le raffigurazioni rupestri, pitture o graffiti, sulle pareti delle grotte, avevano una funzione propiziatoria.
Raffigurare gli animali era un modo per assicurare il successo della caccia.
Del Paleolitico Medio (300.000/120.000 – 40.000/30.000 anni fa) sono le Grotte di Talao presso Scalea (CS), nel quale sono state ritrovate delle selci scheggiate di questo periodo.
Del Paleolitico Superiore (23.000 e 10.000 anni fa), e successivamente anche di vissuto neolitico, è la Grotta del Romito, presso Papasidero (CS). All’esterno sono stati eseguiti dei graffiti, tra i quali la più importante è quello che raffigura il “Bosprimigenius”, cioè il bovino preistorico ormai estinto, che si chiamava uro. Sono state trovate anche sepolture antiche di uomini di bassa statura.
Altre grotte di questo periodo sono: la Grotta della Monaca di Sant’Agata di Esaro (CS) e la Grotta del Santuario della Madonna a Praia a Mare (CS) di fine Paleolitico Superiore (12.000 anni a.c.), Mesolitico, Neolitico Medio e Superiore, del Bronzo e epoca tardo-romana.
Si passa poi al Neolitico, periodo in cui l’uomo ha dimora più stabile e vive di agricoltura e allevamento. Gli strumenti di pietra sono più levigati e si ha l’introduzione della ceramica.
Le Grotte di Sant’Angelo presso Cassano (CS) sono la testimonianza del Neolitico Medio (4.000 – 1.200), fine dell’Età del Bronzo (3.500 – 1200 a.c.) ed epoca medievale.

Dell’Età del Bronzo c’è la Grotta della Petrosa – Trachina di Palmi (RC).
Grazie al ritrovamento di alcuni reperti antichi è possibile pensare ad origini preistoriche di numerose altre grotte sparse in Calabria, delle cui origini non si hanno dati certi.
Di sicuro però si può attestare, in molte di esse, la presenza di intensa vita religiosa.
Molti furono i monaci che arrivarono lungo le coste del Meridione e che abitarono nelle grotte. Furono persone umili, di intensa spiritualità, in cerca di luoghi solitari. Altri monaci arrivarono a causa delle persecuzioni.
Una prima persecuzione si ebbe con l’invasione degli arabi in Siria, Palestina, Egitto e Libia nel VII secolo, nei quali deserti dimoravano molti anacoreti. Nel VIII secolo l’imperatore bizantino, Leone III Isaurico emanò una serie di editti, a partire dal 726, che proibivano il culto delle immagini sacre (iconoclastia) e secondo i quali tali immagini, presenti nell’Impero, dovevano essere distrutte.
Nel IX secolo, a causa dell’occupazione araba della Sicilia,  arrivarono altri monaci in Calabria. Alcuni vissero come eremiti; altri come cenobiti, cioè in comunità; ed altri ancora nelle laure, cioè eremiti, ma con momenti di ritrovo insieme agli altri monaci avendo un superiore in comune.
Molti sfruttarono le grotte naturali, mentre altri le hanno proprio scavate. Numerosi monaci furono seguaci della regola di San Basilio, morto nel 379, basata sulla vita cenobitica, sulla quotidiana contemplazione, preghiera, solitudine e sul lavoro.
Gli asceti divennero un riferimento per gli abitanti dei territori dove si stabilirono, in quanto insegnavano a coltivare la terra, lo studio delle discipline religiose, letterarie e scientifiche.

Testimonianze di dipinti bizantini ci sono:

1 – nella Grotta di Santo Leo a Carìa di Drapia (VV),
2 – nella Timpa dei Santi a Caccuri (KR),
3 – nella Grotta della Madonna del Riposo a Brancaleone Superiore (RC),
4 – nella Grotta del Saraceno a Martone (RC) e 
5 – nella Grotta di S. Maria di Monte Stella di Pazzano (RC).

  • L’Epifania;
  • il crocifisso sorretto dal Padre Eterno;
  • la Madonna in trono col bambino;
  • il Deesis (Cristo benedicente tra la Madonna e san Giovanni Battista);
  • il Pontefice in trono.

Nella seconda sono visibili tre:

  1. Il Cristo Pantocratore (dal greco indica colui che tutto può), cioè la raffigurazione di Gesù tipica dell’arte bizantina, paleocristiana e medievale, presente nei mosaici e affreschi absidali, ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto su un trono, nell’atto di benedire con le tre dita della mano destra;
  2. l’Arcangelo Gabriele;
  3. la Madonna Odigitria (dal greco antico ὸδηγήτρια, colei che istruisce) che però non tiene in braccio Gesù Bambino benedicente, ma lo allatta, segno della natura umana insita in Cristo assieme a quella divina.

Nella grotta di Brancaleone Superiore sono visibili ai lati e sulla volta absidale, cortei di Santi.
Nella grotta del Saraceno sono visibili tracce di un affresco raffigurante la Sacra Famiglia.
Nell’ultima grotta, su un pezzo della parete superiore e centrale, è raffigurata Santa Maria Egiziaca che riceve l’Eucarestia dal monaco Zosimo. Sulla parete a sinistra, in basso, vi sono due affreschi sovrapposti: su quello di sotto sono raffigurati la SS. Trinità e l’Arcangelo Michele, mentre su quello superiore, la Pietà e l’Adorazione dei Pastori.
La raffigurazione nell’arte bizantina avviene con un disegno piatto, quasi ad astrarre l’immagine per esaltare la spiritualità dei personaggi sacri. La regalità delle figure rappresentate è data dai loro abiti sontuosi, dai colori vivaci, e dalla loro posizione solenne.

Particolare attenzione meritano la Grotta del Principe in Pietrapaola (CS) e la Grotta con Altare tra Carolei e Mendicino (CS) in quanto la prima, veniva usata come grotta di difesa e la seconda, probabilmente era il sepolcro del re dei Goti, Alarico.
Meritano anche attenzione le grotte di Rocca di Neto (KR), Casabona (KR) e di Zungri (VV) nelle quali c’è la presenza di cisterne e canalizzazioni per la raccolta delle acque piovane. Tale sistema di raccolta delle acque, ricorda quello presente nelle grotte di Matera.
Bisogna ricordare che le grotte di Matera sono state dichiarate patrimonio dell’UNESCO, grazie al sistema di raccolta delle acque e alla loro particolare costruzione sovrapposta. 
Ho appreso molto sulle grotte rupestri durante una visita in cui eccezionalmente nostra guida è stato il Prof. Francesco Cosco, di Petilia Policastro (Kr), esperto in storia del territorio del periodo medievale, in monachesimo ed epoca bizantina. Grande studioso di insediamenti rupestri della zona ionica e di dialettologia. Autore di numerosi testi ed articoli.
Il libro da lui scritto, più attinente a questo capitolo è: “Civiltà rupestri e siti Monastici nel Marchesato di Crotone”.
Le grotte visitate insieme al professore Cosco sono quelle ricadenti in una proprietà privata di Colle della Chiesa, presso Petilia Policastro.
Ci ha spiegato come distinguere una grotta del periodo preistorico da quella per uso pastorale o usata dai monaci basiliani.
Le pareti completamente lisce potrebbero indicare una grotta preistorica, i segni sono cancellati dal tempo. I fori presenti nelle pareti di molte grotte servivano per creare mensole per la posa di viveri, per la lavorazione del baco da seta o all’ingresso della grotta per sbarrare il passaggio. Spesso, sottostante ai fori, si notano le cosiddette “caviglie” che sono una guida per favorire l’inserimento delle traversine alle pareti delle grotte. In questi casi siamo in presenza di grotte usate da pastori durante il periodo di transumanza.
Se a questi elementi aggiungiamo inginocchiatoi, icone e croci, è chiaro che le grotte furono abitate dai monaci o da eremiti. Riconoscere se un segno inciso sulla parete di una grotta sia recente o di periodo remoto, dipende se esso è coevo con la parete stessa. Le grotte scavate dagli uomini sono generalmente posizionate con l’entrata a Mezzogiorno, perché maggiormente soleggiate, e preferibilmente vicino un corso d’acqua. Una caratteristica da evidenziare delle grotte di Petilia è che alcune di esse sono posizionate su due livelli e si notano ancora i segni dove si inserivano i pioli per salire al secondo livello.
Ma a spiegare meglio il tutto e in sintesi sono le parole del Prof. Cosco:

“Il fascino di ogni insediamento rupestre. Entri in una grotta e trascorre davanti ai tuoi occhi una miriade di elementi da riferire agli eventi della storia dell’uomo dal paleolitico ai nostri giorni: i solchi degli arnesi di scavo da cui trai l’età della grotta, i fori per lettiere e per soppalchi, gli stipiti, le caviglie, i fori per le faci notturne, le nicchie per le icone … e poi croci, iscrizioni, cavità absidali, tetti intagliati a botte o a capanna, i segni delle antiche chiusure, l’uso del coccio pesto, i solchi laterali ed a terra del drenaggio delle acque interne, e tanti e tanti altri. Quasi ogni segno appartiene ad un’epoca storica diversa, perché le grotte in qualsiasi periodo scavate, sono state poi sempre utilizzate …”.

Le grotte di Petilia Policastro racchiudono tutti e tre i periodi menzionati (preistorico, pastorale e di presenza di qualche eremita) anche se prevale il periodo alto medievale. 
Anche il brigantaggio utilizzò spesso le grotte come nascondigli e alcune sono servite come rifugio per il gregge.
Purtroppo arrivare a visitare molte di queste grotte è molto difficile se non, in alcuni casi, impossibile per il fatto che, trovandosi in zone di campagna lontane dai centri abitati, le vie d’accesso sono cancellate dalla fitta vegetazione e molto spesso dall’incuria dell’uomo.
Bisogna inoltre evidenziare che nella maggior parte dei casi, sono inesistenti le indicazioni per arrivarci e bisogna affidarsi a qualche persona del luogo che sappia dare dei suggerimenti idonei. Alcune grotte si trovano in proprietà privata e possono essere visitate soltanto contattando i proprietari.

La Ciminiera – Febbraio 2022

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