IL COLLEZIONISTA

a cura di Antonio IA

I COLLEZIONISTI tra sofferta inquietudine e profondo appagamento interiore!

di Antonio IANNICELLI

 

Incisione a bulino colorata a mano d’autore fiammingo

La carica emozionale che muove il desiderio, la smania e l’interesse di ogni collezionista ad implementare ed arricchire la catalogazione ordinata di oggetti della stessa specie, ossia la propria collezione, è il continuo e mai soddisfatto bisogno di meraviglia. Quello che lui raccoglie sono oggetti che assumono valore per il loro pregio intrinseco o per il loro interesse storico o artistico o scientifico o semplicemente per la curiosità che generano.
Da sempre, quindi, i concetti di meraviglia e di curiosità sono stati, l’elemento propulsore delle collezioni, dove a farla da padrone sono gli occhi rapiti da un mondo sconosciuto, fuori dall’ordinarietà. Questo movente profondo del sapere, del piacere estetico e della scoperta del nuovo porta a realizzare collezioni che nascono dal sentito bisogno di “impadronirsi” di tutto ciò che è inusuale, non comune, posto fuori dall’ambiente in cui il collezionista vive. Sotto l’aspetto psicologico, il collezionismo va quindi considerato una forma di comportamento, spesso determinata dal bisogno di possesso o di identificazione e compartecipazione emotiva con l’oggetto cui è rivolto l’interesse.
Per questa categoria di “assetati scopritori” il desiderio di possesso esclusivo, a volte, diventa incontrollabile e può assumere connotazioni psicologiche a coloritura per lo più ossessiva. La smania di possedere il pezzo mancante, indispensabile per implementare la propria collezione, non dà tregua e solo quando riescono ad accaparrarselo (a volte con notevole spesa) si calmano, ma è un appagamento temporaneo che dura fino alla prossima “scoperta”, al prossimo acquisto.

A Catanzaro, questi “smaniosi insoddisfatti” sin dagli anni Settanta sono riuniti nell’Associazione Calabrese di Filatelia e Collezionismo Vario, oggi magistralmente guidati dal brioso bibliofilo Tonino Barbato. Libri antichi, cartoline d’epoca, storia postale, cartamoneta, medaglie militaria, francobolli, santini, stampe, giornali e documenti d’importanza storica, e quanto altro possa generare curiosità e meraviglia, una volta acquistati sui diversi mercati nazionale ed anche esteri vengono esibiti come trofei nelle riunioni domenicali presso la sede sociale, e fatti conoscere oltre che ai soci, ad un pubblico più vasto attraverso mostre e convegni.
Il sodalizio, sempre nell’ambito delle iniziative culturali ha curato la pubblicazione, per diversi anni, di un Almanacco di Catanzaro dal titolo Catanzaro Passioni e Memorie. In tempi recenti a causa della Pandemia da Covid 19 le attività culturali sono sospese, sicché grazie alla disponibilità del Direttore de La Ciminiera ieri, oggi e domani, viene data l’opportunità di parlare di collezioni ad un pubblico più ampio.
La prima collezione “in esposizione” è quella dello scrivente e tratta una raccolta che fino a qualche tempo fa era definita molto peculiare: le immagini devozionali. Oggi grazie anche alla pubblicazione di riviste specializzate sulla tematica,gli appassionati a questo tipo di collezione sono in continuo aumento con interessi personalizzati su tematiche, tecniche di realizzazione, periodi storici, ed artisti che ne hanno curato l’esecuzione (incisori e pittori). Io ho circoscritta la mia collezione ai Santini realizzati dal Seicento agli inizi del Novecento, con particolare “riguardo” alla rappresentazione di Sant’Antonio di Padova nel corso dei secoli.

Perché collezionare immaginette sacre

Santino manufatto

Nel gennaio del 2008, nello studio del medico di famiglia ebbi modo di incontrare l’avvocato Gianni Bruni, allora Presidente dell’Associazione Calabrese di Filatelia e Collezionismo Vario, anch’egli in attesa di essere ricevuto dal sanitario. Per ingannare l’attesa, ricordo che mi ero portato dietro la rivista “Santini et Similia”, un trimestrale specializzato su santini che mi era giunto nella mattinata e che non avevo ancora avuto modo di visionarlo.
L’avvocato vedendomi nelle mani la rivista colse l’occasione per presentarsi e farsi conoscere. Constatato con piacere il mio interesse per il collezionismo, mi parlò dell’Associazione da lui presieduta e delle attività svolte dal sodalizio che nel novembre dell’anno precedente aveva organizzato una bella mostra nel Complesso Monumentale del San Giovanni in Catanzaro, dal titolo “Una Storia di Catanzaro, artisti letterati immagini tra ‘800 e ‘900”, oggetto anche di una pubblicazione andata a ruba. Capii subito che l’avvocato, a me sconosciuto fino ad allora, voleva acquisire un altro socio.  Il suo conversare m’incuriosì a tal punto che accettai il suo invito e mi presentai la domenica presso la sede dell’Associazione nel prestigioso palazzo Fazzari su corso Mazzini di Catanzaro. Fui inserito così nel gruppo dei collezionisti catanzaresi: cartoline, carte valori, monete, francobolli, libri antichi, documenti e cartoline celebrative su militaria, accendini e altra oggettistica. Mancavano i santini ed io arrivai a proposito.
A quel tempo avevo ricevuto da una zia acquisita diversi santini antichi di fine Ottocento, inizio Novecento, molti non italiani in policromia dai disegni apprezzabili, dai colori vivi, quasi piccoli quadretti che avevano scaturito in me un certo interesse alla catalogazione e alla conservazione.
Per saperne di più e per accrescere la mia preparazione in materiami ero abbonato ad una rivista specializzata per l’appunto “Santinia et Similia”, stampata in Puglia e nota in tutta Italia. Leggendo e scambiando pareri con gli abbonati della rivista nonché con gli autori degli articoli pubblicati, ho acquisito una notevole conoscenza su miniature, incisioni, pergamene e canivetche mi ha permesso di implementare quella che iniziavo a chiamare collezione, con acquisti mirati quali-quantitativi, effettuati sui mercatini del collezionismo.
Pur possedendo una consistente quantità di santini avvertivo, però, la necessità di circoscriverla, limitarla ad acquisti qualitativamente importanti, riferiti, magari, ad un particolare Santo. Optai per il mio Santo Protettore: Sant’Antonio da Padova.

Pergamena di autore fiammingo: Sant’Antonio in adorazione del Bambin Gesù

Ricordo il mio primo acquisto di una certa importanza nel mercatino dell’antiquariato di Vibo Valentia nel 1985: una litografia del XVIII secolo, incisione a bulino,di origine francese colorata a mano rappresentante Sant’Antonio in adorazione del Bambin Gesù che pagai, tra lo sbigottimento del mio Dirigente di servizio, 100 mila lire. Ancora oggi, ammirandola all’interno della mia collezione, mi ripeto che ne è valsa la pena! Da allora ho fatto passi da gigante acquistando, grazie alla competenza acquisita, pezzi importanti riproducenti il “mio Santo”.

Il gusto e l’interesse personale a collezionare queste immaginette sacre, di particolare interesse storico-artistico, ha fatto si che con specifiche mostre e pubblicazioni da me curate, questi oggetti venissero valorizzati ed uscissero fuori da quell’interesse personale, solo mio, per essere condivise e valorizzate, quale espressione culturale di un passato quasi ignorato, da una moltitudine di amanti del bello. E così è stato.

Santino realizzato con la tecnica della punzecchiatura.
Opera dell’incisore Martin Will, autore fiammingo


Sono diventate oggetto di studio intorno alle quali si è sviluppato un interesse pluridisciplinare.
A parte il soggetto rappresentato, il materiale, i procedimenti di stampa, le tecniche di produzione, l’iconografia, gli incisori e gli editori, a volte vere e proprie famiglie di artisti impegnati nel campo, sono gli aspetti ed i temi più seguiti dai collezionisti e dagli studiosi che cercano, attraverso queste opere, di ricostruire un pezzo di storia.
Ogni santino ha una storia non solo propria, ma anche legata e vissuta dalla persona che lo ha tenuto con sé, ci ha pregato insieme, gli ha confidato gioie e dolori, sofferenze e speranze.
Attraverso quelle immaginette sacre un’infinità di persone ha cercato l’intercessione di Gesù, di Maria, dei Santi per alimentare la speranza, rafforzare la fede, sostenere con coraggio le prove della vita.
L’aspetto singolare e forse meno conosciuto dei santini è proprio la loro bellezza artistica.
Nel corso dei secoli, attraverso le diverse realizzazioni tecniche, si incontrano autori mirabili, impegnati nel disegno e nella produzione. Intere scuole pittoriche con artisti che vanno dai Fiamminghi ai Tedeschi, dai Francesi agli Svizzeri fino ad arrivare agli Italiani. Il Santino oltre ad avere una motivazione sacra, ha perciò una sua storia artistica che ritengo opportuno far conoscere.
Prima ancora dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, nei monasteri, tra i lavori delle claustrali, previsti dalle regole monastiche ed imposte dal Concilio di Trento per vincere l’accidia, considerata comunemente “un’interruzione del cammino di perfezione intrapreso dal religioso”, causa primaria dello stato di aridità spirituale, vi era la realizzazione di santini manufatti.
Da parte dei religiosi si faceva ricorso a detta attività, unitamente alle veglie, alle preghiere ed ai digiuni per rafforzare lo Spirito. Era consuetudine delle monache ornare le proprie celle con immaginette che esse stesse realizzavano.

Santino di Praga realizzati daJ.Koppe


Dipingere immaginette era un’attività consueta nelle ore di ricreazione spirituale, durante le quali le religiose svolgevano questo paziente lavoro manuale strettamente connesso con la preghiera; anzi esso stesso, svolto in silenzio, era considerato preghiera.
Tale attività veniva svolta da monache che potevano anche non avere specifiche attitudini artistiche, sicché le immagini, a volte, non avevano grande pregio ma questo era ritenuto di scarsa importanza, poiché secondo l’insegnamento di San Giovanni della Croce il fedele, guardando l’immagine deve elevare subito la mente a ciò che essa rappresenta: la sacralità, contemperando, in tal modo,il gusto e la gioia della volontà in Dio con la devozione nel Santo che invoca.
I soggetti raffigurati erano, talora, frutto di loro visioni mistiche che venivano trasferite nel dipinto. Immagini semplici, realizzate con materiale povero, dipinte su carta o pergamena, altre volte realizzate da mani esperte, comunque sempre anonimi.

Dobbiamo arrivare all’inizio del Settecento per trovare le prime incisioni, impreziosite con piccole decorazioni applicate manualmente.
Nel corso di questo secolo, proprio nei conventi, si sviluppa la produzione di preziosi santini, completamente manufatti, comunemente denominati canivet, termine derivante dal francese canif, il temperino a lama lanceolata o triangolare, utilizzato per l’intaglio.
Questa produzione conventuale, in genera destinata a particolari benefattori o realizzata in speciali ricorrenze, è tipica dell’area europea centro-occidentale e si caratterizza per la presenza di decorazioni risultanti da un fitto e delicatissimo intaglio della carta sulla quale è eseguito il dipinto.
Per lo più si tratta di piccole immagini miniate contornate da motivi simbolici del mondo vegetale o animale intagliati.

Veri e propri capolavori d’arte, divenuti oramai rari.
L’attività di intaglio richiedeva molta pazienza, concentrazione e polso fermo, unitamente all’immobilità della carta o della pergamena che doveva essere fissata su un sostegno rigido, completamente bloccato, resistente alla penetrazione della lama.
La parte più importante dell’immaginetta devozionale dal punto di vista estetico è l’intaglio che occupa la maggior parte della superficie con l’esclusione di uno spazio centrale risparmiato, generalmente definito medaglione e riservato alla miniatura di figure e simboli.
Questo tipo di immagine manufatta, legata allo spirito della Controriforma e allo sviluppo dei centri di pellegrinaggio mariano fu diffusa particolarmente nei Paesi Bassi, nella zona del Reno, nel Sud della Germania, in Austria, in Francia e in Svizzera.
A metà Settecento fanno la loro apparizione nei paesi del nord Europa immagini votive riprodotte su carta pergamena. I diversi autori firmano in calce il loro prodotto e lo affidano a mercanti che vanno in tutta Europa a vendere i loro prodotti e con questi le immagini sulla vita dei Santi.
La Chiesa divulgava così,anche attraverso di loro, la sua opera di conversione.
Alla fine del Settecento, sono presenti anche immaginette punzecchiate con aghi, eseguite spesso seguendo le linee di un’immagine prodotta a stampa che poi veniva colorata a tempera producendo un effetto di rilievo.
L’Ottocento è caratterizzato dalla invenzione di nuove importanti tecniche di stampa che hanno determinato una vera e propria rivoluzione nel campo della produzione dell’immagine sacra.
Le numerose case editrici europee iniziano la produzione su scala industriale utilizzando, in modo particolare, la tecnica della litografia e della cromolitografia.
All’inizio del secolo citato si pongono all’attenzione di un vasto pubblico i vari editori di Praga, con santini assai preziosi.

Santino di Praga realizzati daJ.Koppe


La produzione Ceca presenta aspetti artistici e tecnici di grande interesse che si caratterizza nei primi decenni dell’Ottocento per una delicata incisione con tratti sottili e parti patinate; una coloritura a mano molto raffinata anche se particolarmente vistosa; un abbondante uso dell’oro per decorare parti stampate in rilievo. Presentano una novità di non poco conto: la rifinitura con albume di uovo per la tenuta dei colori. Tra gli incisori più noti Koppe ( J. e L ), Hofmann e Pachmayer.
La litografia si era, intanto, notevolmente sviluppata in Francia, dove, a metà del Settecento i santini venivano stampati su grandi fogli di carta comune che riuscivano a contenerne una serie, talvolta anche numerosa, da 16 a 50 pezzi e oltre, a seconda della dimensione.
Le lastre litografiche abilmente spalmate di colore venivano collocate a pressione su ampi fogli, con l’ausilio di torchietti e il prodotto successivamente rifinito con coloritura a mano e poi ritagliato in singoli pezzi.
Questi, almeno inizialmente, erano caratterizzati da un pronunciato simbolismo: la colomba, il sole, la luna, il mare in tempesta a seconda del messaggio che si voleva fornire al devoto. Si contraddistinguevano soprattutto per la particolare coloritura a pochoir, realizzata a mano con l’aiuto di sagome di cartone pesante o di zinco che ne caratterizzava la provenienza.
Le immagini di Chartres e Orleans si distinguono infatti, per la particolare dolcezza e tenerezza del colore; quelli di Epinal per le tonalità più forti.
Dopo la parentesi della Rivoluzione, con la ripresa del commercio delle stampe sacre, si assiste alla nascita di molte agenzie ecclesiastiche, oratori e seminari come quello assai noto sorto presso la Chiesa di Saint-Sulplice, che a partire dal 1848 sarà sinonimo di quello stile di riproduzione dei santini denominato appunto sulpicien.
È questo il periodo che vede fiorire una moltitudine di editori parigini, impegnati nella produzione di santi merlettati con la diffusione di milioni di pezzi in tutto il mondo. Tra questi, la potente casa editrice Buasse-Label che in poco tempo assorbirà quasi tutte le vecchie case editrici. Con l’introduzione dell’obbligo scolastico, scoppia il boom delle piccole immagini religiose, favorito dall’esigenza di catechesi generalizzata dei bambini.
Nel frattempo, l’introduzione di nuove tecniche di stampa agevola la produzione, consentendo di produrre in serie migliaia di pezzi. I più belli e costosi vengono stampati in siderografia (incisioni su lastre di rame o di acciaio) su un fondo di delicatissimo pizzo traforato a punzone, magari impreziosito ulteriormente con paillettes o piccole scaglie di madreperla.
In Italia, la produzione del santino si incrementa nel periodo compreso fra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
A Torino, dal 1857 opera lo stampatore Leonardi e l’editore De Maria che risulta attivo già prima del 1831.
A Milano, Bertarelli stampa materiale religioso e santini della Santa Lega Eucaristica, fondata nel 1896 presso la chiesa del Corpus Domini retta dai Carmelitani Scalzi.
A Napoli dominano le famiglie di stampatori Apicella e Scafa.
In Calabria, a Cosenza tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento è attivo Luigi Luberto, mentre a Catanzaro, nello stesso periodo, opera nella vendita di immagini sacre Vitaliano Smorfa.

IL SIMBOLISMO MELL’ICONOGRAFIA DEL SANTO DI PADOVA

Del Santo di Padova possiedo una ricca collezione, dalla quale ho estratto, per destare la meraviglia nel lettore, solo alcuni pezzi significativi che sono stati qui riprodotti. Ho avuto modo di fare anche uno studio sulla iconografia del Santo e constatare come la Sua rappresentazione mantenga uno specifico simbolismo sia nel manufatto semplice Sei-Settecentesco che in quello più ricco dell’Ottocento. Attraverso le diverse rappresentazioni si può leggere una evoluzione del santino nei secoli con richiami specifici alla vita del Santo.
Oggi non c’è statua o immagine di Sant’Antonio che non sia corredata, insieme al libro e al Bambin Gesù, del candido giglio, entrato nella simbologia Antoniana “a sintetizzare l’armonia e il profumo di una grande anima”.

Santino di produzione francese con merletto

Nella memoria collettiva e popolare si consoliderà la rappresentazione di Sant’Antonio giovane con il giglio in mano. E questo perché il primo omaggio popolare portato alla gloriosa salma del Santo, fu il fiore di stagione, simbolo anche della potenza taumaturgica.
Il lilium candidum, per il candore dei suoi petali e per la sua purezza, è stato considerato il simbolo dell’innocenza, della verginità e della purezza dei Santi. Per lo stesso motivo è attribuito alla Santa per eccellenza, alla beata Vergine Maria, ma anche a molti altri Santi (Domenico Guzman, Alberto da Messina,Gaetano di Thiene, Caterina da Siena, Chiara d’Assisi, Filippo Neri). Comunque, in primo luogo, il giglio resta attribuito a Sant’Antonio da Padova, tant’è che il lilium candidum è volgarmente detto giglio di Sant’Antonio. È lo stesso Santo che in un sermone precisa:
“il giglio simboleggia il candore della castità, l’immagine della virtù, della purezza che deve far fronte a eventi ed intemperie senza lasciarsi corrompere, senza perdere fragranza e splendore”.
Nelle diverse immagini catalogate, il giglio, a volte, è tenuto nella mano dal Santo; altre volte spunta dal suolo lasciando la mano di Sant’Antonio libera di esprimersi nei confronti del Bambino; spesso i gigli vengono utilizzati come motivo decorativo di contorno all’immagine.
Tra il Quattrocento ed i primi del Cinquecento inizia ad affermarsi l’emblema del libro, aperto o chiuso con sopra Gesù Bambino nudo e talvolta benedicente.
Qui Sant’Antonio è visto come modello di predicazione; è il predicatore del Verbo perciò tiene spalancato il libro della Rivelazione. Il libro è anche simbolo della sapienza. Antichissime immagini riproducono il libro aperto sulle cui pagine si possono leggere le parole: “io pregavo e venne in me lo Spirito della Sapienza”. Sant’Antonio quindi dottore della Chiesa.

Il simbolismo del Bambinello si afferma con il diffondersi della leggenda del Castello di Mon Chateaux, in Francia, dove il signore del castello che aveva ospitato il Santo di notte sentendolo parlare, lo aveva spiato e con grande meraviglia aveva visto un bellissimo Bambino tra le braccia del Santo. Da quel giorno la raffigurazione del Santo con il Bambin Gesù trovò ampia risonanza nel campo dell’arte e ancor più nella devozione popolare.
Dopo il XVI secolo nelle rappresentazioni compare anche la croce con o senza il corpo di Gesù. Mentre la croce con il crocifisso simboleggia manifestamente l’amore del Santo per i patimenti del Cristo, la croce senza Cristo è il segno caratteristico dei predicatori o il simbolo della vita solitaria.
Verso la fine dell’Ottocento ed inizio Novecento, col diffondersi dei vari Istituti ed Opere di Carità che prendevano il nome dal Santo, nelle immagini sacre che lo raffigurano è presente anche il pane che dalle sue mani viene distribuito ai poveri, uomini, donne e bambini.

Santino di produzione francese con merletto

In questo breve excursus sul santino in generale e su quello riguardante Sant’Antonio da Padova in particolare, ho cercato di evidenziare non solo il bello artistico di ogni produzione appartenente alla mia collezione, ma soprattutto di trasmettere lo stupore, la meraviglia che prende, attanaglia e tormenta chi si impegna a collezionare oggetti fuori dal comune, pezzi che per l’abilità dell’artista-realizzatore, per la precisione del costrutto, la ricchezza della decorazione, realizzano opere di notevole bellezza, di grande pregio e valore, capaci di rappresentare, soprattutto, un richiamo immediato del Divino.
Così il santino diventa discorso, approfondimento tra fede ed arte. Un universo di volti da guardare e dai quali sentirsi guardati. Una storia che può interessare credenti e non, fede e antropologia, religiosità popolare e appartenenza geografica. In ogni caso, tutt’altro che pezzi di carta o di pergamene, se antichi, divenendo, per molti, sostegno nelle prove della vita, per altri alimento di passione per il collezionismo, o magari entrambe le cose!