FRANCO VALLONE

13+1 DOMANDE – di Lino NATALI

1) Se dovessi presentare in poche righe chi è Franco Vallone cosa diresti?

«Sono nato a Briatico, un paese tra Pizzo e Tropea, in provincia di Vibo Valentia, nel 1958, ho conseguito il diploma di maturità artistica presso il Liceo Artistico Statale “Mattia Preti” di Reggio Calabria e, successivamente, per la laurea breve, ho proseguito gli studi in scenografia presso l’Accademia Statale di Belle Arti di Catanzaro, poi, dopo qualche anno, ho conseguito il diploma di Tecnico Pubblicitario presso l’Istituto Europeo di Roma.
Una prima esperienza lavorativa nella Formazione Professionale privata e convenzionata dove, per dieci anni, ho curato le attività culturali e di tempo libero per le centinaia di giovani frequentanti i corsi di formazione. Tenevo corsi di ripresa e stampa fotografica, un laboratorio di pittura e grafica, organizzavo le proiezioni cinematografiche in 16 e 35 mm, collaboravo all’allestimento scenografico di spettacoli teatrali amatoriali, curavo la rivista culturale del Centro e organizzavo escursioni archeologiche e gite culturali sul territorio calabrese.
Dal 1994 lavoro presso la Regione Calabria, prima nel settore della stessa Formazione Professionale, poi, successivamente, nel settore Cultura e Beni Culturali ed oggi in quello del Turismo.

2) Quanto c’è della tua vita nei tuoi scritti?

«Ho vissuto, per motivi lavorativi di mio padre, in molti luoghi del Sud Italia, da Vizzini, in Sicilia, nel paese della Cavalleria Rusticana di Verga, a Stignano, in provincia di Reggio Calabria, a Paola, il paese di San Francesco, a Reggio Calabria per ben 15 anni e poi a Catanzaro. Oggi vivo tra il mio paese, Briatico, e Milano, dove mia moglie insegna da anni nella Scuola.
Una vita di viaggio, tra luoghi e persone, variegata di tante esperienze, di incontri e conoscenze, alcune amicizie con personaggi del mondo culturale, dallo scrittore Fortunato Seminara a Saverio Strati, dal regista Antonio Panzarella, all’artista napoletano Toni Ferro, a Luigi M. Lombardi Satriani, Vito Teti e P. Maffeo Pretto, Andrea La Porta, i glottologi Gerhard Rohlfs e Michele De Luca, con i pittori Mimmo Rotella, Enotrio, Reginaldo D’Agostino e Lorenzo Albino, con lo scrittore Sharo Gambino e il fotografo e re dei paparazzi, Rino Barillari, con il regista Andrea Frezza, Saverio Vallone, Giuseppe Tornatore, Ugo Gregoretti, Vittorio De Seta e tanti altri. Questi incontri hanno sempre lasciato in me qualcosa di importante, sono state le tracce iniziali della mia formazione culturale. Poi, ad un certo punto, ho iniziato a ricercare sul campo e a scrivere, prendendo molto spesso anche appunti visivi con la videocamera, con la macchina fotografica e con la matita.

Franco Vallone e Luigi M. Lombardi Satriani


La curiosità dello sguardo, del vedere e osservare le cose, del seguire i fatti in prima persona, del cercare di scoprirne l’essenza più profonda, i contenuti altri… Ho iniziato scrivendo per alcuni settimanali e mensili locali come “L’Altra Provincia”, “La Radice”, “Le Calabrie”, “Diakonia”(…), successivamente, dopo l’iscrizione all’Albo dei Giornalisti nel gennaio del 2000, sono stato collaboratore per “il Quotidiano della Calabria”, per il settimanale “Chi”, per le pagine culturali del quotidiano “Calabria Ora”, per la rivista “Maria”, e per il mensile “Misteri”, attualmente, scrivo per “il Quotidiano del Sud” diretto da Roberto Napoletano.
Devo dire che ho avuto sempre la fortuna di lavorare con direttori di testata interessanti come Guido Sansonetti, Franco Martelli della Rai, Franco Albanese del “Messaggero”, il criminologo Saverio Fortunato, Mario Fontana di “Misteri”, Silvana Giacobini di “Chi”…». Nel luglio del 2003 seguo il corso di giornalismo presso l’Università Estiva di Comunicazione e Giornalismo presso la Residenza Municipale del Comune di Limbadi. Reputo oggi questa iniziativa, organizzata dal giornalista Pantaleone Sergi di “la Repubblica” con autorevoli docenti, fotografi e giornalisti, una delle esperienze più interessanti organizzate in Calabria nel settore del giornalismo.»

3) Franco Vallone parlami dei tanti libri che hai scritto sul tema dell’emigrazione calabrese

«Ad un certo punto, durante una delle tante ricerche sul campo con il prete antropologo “calabroveneto” Padre Maffeo Pretto ed il suo gruppo di ricerca dell’associazione culturale “Amici della Calabria”, viene fuori, in una casa abbandonata di Favelloni di Cessaniti, un vecchio baule di viaggio di un emigrato calabrese in Argentina dei primi anni del 1900. Il bagaglio, che ha viaggiato più volte sull’Oceano, riporta, ancora incollate, le etichette con i nomi e le destinazioni dei porti italiani e argentini, è letteralmente strapieno di memorie ed effetti personali dell’emigrante: biglietti di viaggio, passaporti, fotografie, documenti sanitari d’ingresso, ricevute di rimesse di danaro, oggetti, immaginette sacre… Il contenuto di quel vecchio baule è un vero tesoro della memoria, viene studiato in ogni suo singolo documento.
Decido, con questo materiale inedito, di allestire una mostra di documenti e immagini con il supporto e il completamento di altro materiale documentario reperito. La mostra, presentata al “Valentianum” di Vibo Valentia, trova subito l’interesse della Regione Calabria che ne promuove la veicolazione patrocinando la stampa di un primo libro dal titolo: “Il Baule dell’Emigrante, il bagaglio della memoria”.
Da quella iniziale mostra di Vibo Valentia, nel 1989, è un susseguirsi di iniziative culturali. La mostra diviene itinerante in vari comuni della Calabria, poi da questo fondo documentario, nasce il Museo dell’Emigrazione Calabrese “Giovanni Battista Scalabrini”, sempre allestito nei locali del “Complesso del Valentianum” di Vibo e inaugurato, all’epoca, dall’americano Reginald Green, padre del piccolo Nicholas Green, il bambino ucciso in Calabria.
I vari materiali e le suggestive immagini fotografiche esposti nel museo iniziano ad essere richiesti per grandi eventi internazionali sulle tematiche migratorie.
Partecipo nel 1997 ad una grande mostra sull’emigrazione italiana in America, presso Ellis Island di New York, curo per quell’evento un secondo volume dal titolo “I Calabresi che scoprirono la ‘Merica”, dopo qualche anno ritorno a New York, questa volta al municipio di Brooklyn, con una mostra sull’emigrazione calabrese allestita dal Consiglio Regionale della Calabria. Dal 1996 al 2000 ho ricoperto la carica di Consultore Regionale per l’emigrazione presso la Regione Calabria, e dal 2002 la nomina di “Esperto dei problemi dell’Emigrazione della Regione Calabria”, sempre all’interno della stessa Consulta».
Nel 2001 pubblico un instant book dal titolo “Italiamerica. Il viaggio sul mare grande come il cielo” che viene presentato a New York presso la Pace University, in occasione del Columbus Day 2001, ad un mese dall’attacco alle Torri Gemelle dell’11 Settembre.
Il materiale del museo viene richiesto per una grande Mostra Nazionale sull’Emigrazione a Roma, presso il Complesso del Vittoriano. Una mostra rimasta aperta per ben cinque anni e visitata da migliaia di persone.
Poi l’allestimento di una mostra iconografica sull’Emigrazione in Calabria al Salone Internazionale del Libro di Torino. Successivamente il museo viene trasferito a Palazzo Mannacio di Francavilla Angitola per alcuni anni, con la pubblicazione di un libro catalogo e la sua presentazione a New York, poi purtroppo arriva l’assenza delle istituzioni, l’insensibilità di alcuni amministratori locali, l’abbandono e la successiva definitiva chiusura, la fine di una esperienza davvero bella e interessante.
Eppure quel piccolo museo richiamava tanto turismo internazionale e molte autorevoli emittenti e testate giornalistiche di tutto il mondo continuavano ad arrivare a Francavilla Angitola per filmare, documentare e scrivere di quei poveri e struggenti materiali museali sui fenomeni migratori in Calabria.
Ma, come un amministratore disse all’epoca durante una sua visita al museo: “sono solo cose vecchie”»…
4) E dei tre volumi sul rituale dei giganti processionali calabresi cosa mi puoi dire…
«Si, ho scritto tre volumi sui giganti, tre diverse edizioni sulle tematiche legate alla tradizione del ballo dei giganti processionali da corteo ed altre figure di fantocci rituali e di strada che vengono utilizzati in Calabria durante le feste. Il titolo del primo volume, pubblicato nel 2001, è “Giganti” mentre il titolo dei successivi volumi è “Giganti. Cammelli di fuoco, ciucci e cavallucci nella tradizione popolare calabrese” (2009, 2013 seconda edizione).
Interessante l’incontro con il grande esperto Eloi Miralles, una vera istituzione del settore in Catalogna. Con lui e con il glottologo Michele De Luca abbiamo effettuato, in provincia di Vibo Valentia, una ricerca sul campo molto interessante che ha permesso, tra l’altro, di mettere a confronto questa tradizione popolare comune, tra Calabria e Catalogna»

5) Parlami dell’esperienza da videomaker e dei tuoi libri sul Cinema in Calabria

«Da sempre cerco di documentare, attraverso l’utilizzo di una videocamera, rituali e tradizioni, fatti relativi alle feste in Calabria, eventi spettacolari e di attualità.
Tre servizi con miei video sono andati in onda all’interno del programma di Canale 5, Striscia la Notizia e poi tanti altri su: Tg1 Rai, Sereno Variabile Rai Due, 8mm Italia 1, Real Tv Italia 1, Ci vediamo su Rai 2, Tgr3 Rai, Tgr3 Regione, Blob Rai 3.
Sono tutte riprese amatoriali che ho effettuato per le strade, i paesi, il mare e le campagne calabresi.
Per quanto riguarda il Cinema, ho effettuato una ricerca sul film del regista torinese Virgilio Sabel dal titolo “In Italia si chiama Amore”. Uno degli episodi del film era stato girato e ambientato alla marina di Briatico agli inizi degli anni ’60.
Dallo studio di questo film, visionato più volte in ogni singolo frame, ho tratto un saggio dal titolo “Il film di Letterina”. Letterina era una anziana signora di Briatico diventata attrice protagonista per una volta, tra tanti altri attori non professionisti scelti dal regista in paese per interpretare i vari personaggi della storia raccontata dalla voce fuori campo del grande Nino Manfredi. Il secondo libro sul Cinema è titolato “Giuseppe Imineo, l’ultimo cinematografaro di Calabria”, un saggio su questo personaggio di Filogaso che proiettava i film nei cinema, al chiuso di una sala, e per le strade di tanti paesi della Calabria, un grande appassionato del Cinema e dei cinema, invitato, alla fine della sua lunga carriera, anche al Festival Internazionale del Cinema di Venezia come ospite d’onore».

6) Nel panorama letterario, passato e presente, ritrovi punti di riferimento? Autori da esempio o di ispirazione?

«Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare tanta gente interessante, come dicevo prima, persone e personaggi, artisti, scrittori e giornalisti, registi e attori, tutti personaggi straordinari che mi hanno dato la possibilità di capire, di elaborare, di ricercare, di leggere e scrivere con sincerità, senza alcuna interferenza, ma la mia fonte di scrittura di riferimento la devo principalmente a persone e personaggi semplici, a molti emigrati, pescatori, contadini, artigiani, pastori, artisti del mondo popolare. Oggi gli incontri importanti continuano e ci sono scambi continui con operatori del mondo culturale, con appassionati ricercatori, con altri scrittori e giornalisti. Voglio citare, tra tanti, lo storico Vincenzo Squillacioti, direttore de “La Radice” di Badolato, il direttore del “Museo della Pietra” di Gimigliano e ricercatore, Antonio Iannicelli, Silvestro Bressi di Catanzaro…».

7) Chi è il suo scrittore del cuore

«Devo dire che c’è uno scrittore del cuore ed anche una giornalista del cuore… Il mio scrittore del cuore è, senza dubbio, Sharo Gambino. Gambino aveva un modo avvolgente di raccontare, con una scrittura minuziosa, entrava e ti accompagnava nelle sue storie da “raccontatore”, una sorta di cantastorie della letteratura.
La giornalista del cuore è Annarosa Macrì della Rai, oggi in pensione, Annarosa Macrì ha un modo incredibile di raccontare le cose, ci mette anima e sentimento che emergono in ogni sua parola, in ogni suo scritto, Sharo e Annarosa, a loro insaputa, sono stati i miei veri maestri, punti di riferimento per la mia strada della scrittura, ogni incontro con loro è stato sempre un incontro importante».

8) Hai un libro che, dopo averlo letto, ti ha invogliato di seguire questo mestiere?

«Si, è un vecchio libro di narrativa della Garzanti pubblicato nel 1966 che ho letto tanti anni fa, quando frequentavo la seconda o terza media. È “Il treno del sole” di Renée Reggiani, una bellissima storia di emigrazione ambientata a Torino. Questo racconto mi è rimasto nel cuore e nell’anima, mi ha trasmesso emozioni forti, mi ha fatto “vedere” visivamente ciò che leggevo, ed è proprio questo aspetto che mi ha affascinato, mi ha invogliato, mi ha appassionato alla scrittura che ti fa vedere le cose con i tuoi occhi.
“Nel romanzo ricorrono parecchi motivi: la nostalgia per il paese natio, le differenze di vita tra il paese e la grande città, il desiderio di giustizia sociale, la condizione degli immigrati meridionali nelle grandi città industriali del Nord, il loro difficile inserimento nella società, la situazione sociale ed economica del Sud”.
La scrittrice Renée Reggiani con pochi tratti e la descrizione di due realtà contrapposte, ci racconta una storia che mostra le diverse condizioni sociali, il disagio, l’ignoranza, l’ingiustizia, ma soprattutto il desiderio di cambiare.
Trovare il libro “Il treno del Sole” di Renée Reggiani oggi non è per nulla semplice. Si tratta di un libro pubblicato negli anni 60, che negli anni passati i professori consigliavano di leggere ai loro alunni. Purtroppo non c’è più traccia di questo bellissimo libro se non nelle biblioteche di qualche scuola e tra le mani dei più fortunati.» 

9) Nello scrivere segui uno schema o vai più a “getto”?

«Scrivo di getto, prendo appunti, note, sento le persone e creo successivamente uno schema, un canovaccio, una sorta “storyboard” di regia del raccontare le cose, i luoghi, i fatti, le storie, le persone e i personaggi.
Organizzo graficamente la mia storia e pianifico la narrazione. Molto spesso parto da uno spezzone filmico, da una vecchia fotografia, da un documento antico, da informazioni di archivio e poi allargo la ricerca a tutto campo sul territorio, con la gente».

10) A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi dirci il motivo di questo sentimento?

È il libro che ho scritto recentemente sul paese di una volta, il mio paese.
Più di 250 pagine per raccontare la “Briatico di una volta, storie, luoghi, persone e personaggi di un paese della Calabria”.
L’introduzione del volume è stata curata dall’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani e una nota linguistica sul dialetto curata dal glottologo Michele De Luca, un vero grande esperto in questo settore.
Tengo molto a questo libro, ho voluto inserire oltre 700 foto a colori e b/n per seguire il testo, i capitoli, le parole, la narrazione scritta e quella per immagini si completano a vicenda.

11) Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo i tuoi scritti? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Vorrei far riflettere sull’importanza dello sguardo, della visuale che, potenzialmente, ognuno di noi possiede. I miei scritti cercano di far avvicinare il più possibile il lettore al nostro potenziale umano, culturale e antropologico.
Abbiamo tantissime cose da dire, come calabresi intendo, ma è un patrimonio che spesso non viene allo scoperto, non esce fuori.
Sono cose, luoghi, storie, fatti importanti nella loro straordinaria semplicità e unicità. Ecco, spero proprio questo, che i miei scritti servano da stimolo a far emergere questa potenziale possibilità, dell’importanza grandissima di ciò che molte volte passa assolutamente inosservato.

12) Hai un genere letterario specifico? Che consigli daresti, in base alla tua esperienza, a chi come te voglia intraprendere la via della scrittura?

«Mi piacciono i saggi sulle tematiche inerenti la Calabria, la cultura popolare, l’antropologia culturale, il cinema in Calabria, le feste rituali, gli usi, i costumi e il linguaggio. Consigli? Consigli semplici: leggere tanto, imparare a vedere le cose in modo non superficiale, notare, osservare, guardare e poi… scrivere e descrivere con il cuore e con l’anima, senza alcuna paura, sinceramente e con onestà intellettuale».

13) Hai nuovi progetti in vista? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?

«Vorrei continuare con la ricerca sul paese di Briatico, ci sono ancora molte storie, molti personaggi, tanti luoghi da riscoprire e raccontare. “Briatico di una volta” potrebbe diventare il primo volume di una collana dedicata al paese…».

Ti ringrazio per il tempo dedicatomi, vuoi dirci ancora qualcosa?

«Grazie a te e alla tua rivista “La Ciminiera” per avermi dato la possibilità di guardarmi dentro e rispondere a queste “13+1” domande, un piccolo viaggio introspettivo nel mio passato che crea, in me, stimoli per il futuro».