Complici e colpevoli. Come il Nord ha aperto le porte alla ‘ndrangheta.

di Francesca FERRARO –

Il procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri e il giornalista Antonio Nicaso, esperto di storia di storia di ‘ndrangheta, di fenomeni mafiosi e criminali, hanno scritto assieme un altro libro che consigliamo a chi vuole comprendere quanto l’organizzazione criminale calabrese si sia espansa in maniera esponenziale in tutt’Italia e anche fuori dai confini nazionali. I due autori, anche nel recente saggio, dimostrano una straordinaria abilità nell’intrecciare le loro specifiche competenze e offrono al lettore una visione ampia, documentata ed articolata del fenomeno ‘ndranghetista, dimostrando con innumerevoli esempi, quanto si sia diffusa, in maniera pervasiva e massiccia, nel Nord Italia.
Nel prologo gli autori ci informano «Vogliono farla da padroni, legittimati da una platea di politici, imprenditori e professionisti che agiscono secondo logiche di convenienza. La linea d’ombra tra politica e corruzione perde sempre più spessore, quasi a diventare invisibile, impercettibile. E le mafie avanzano. Da almeno sessant’anni non sono più una peculiarità del Mezzogiorno, ma coinvolgono anche al Nord corpi sociali disposti a scendere per opportunismo, lucro e sostegno elettorale».
C’è, dunque, la bramosia del potere, la ricerca del lusso che non ci si può permettere, che spingono, ad ogni latitudine, le persone ad avere intese con i malavitosi. Anche luoghi che sono immaginati come più impermeabili a fenomeni legati alla delinquenza organizzata ne sono, invece, avviluppati e succubi. Apprendiamo, così, che nelle regioni del Nord, le strutture che collegano le varie ‘ndrine (cosche malavitose), sono 46, delle quali ben 25 in Lombardia, 15 in Piemonte, 3 in Liguria e 1 ciascuna per Veneto, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.
Il saggio si articola esaminando i fenomeni diffusi regione per regione: il primo capitolo è dedicato alla Valle d’Aosta dove anche i presidenti di giunta regionale sono stati eletti con il sostegno della ‘ndrangheta e le voci sulle possibili infiltrazioni risalgono agli anni ’60.
La seconda regione è il Piemonte dove l’attività criminale si è alimentata con il settore edilizio e la diffusa pratica del subappalto per la quale «la ‘ndrangheta in Piemonte ha utilizzato l’ondata migratoria, piegandola ai propri interessi e a quelli della compiacente imprenditoria locale».
Il terzo capitolo è dedicato alla Liguria, dove Ventimiglia rappresenta il collegamento con gli affari illeciti in Costa Azzurra e, tra l’altro, viene ricordato come il presidente regionale Alberto Teardo, venne arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Cambiano le modalità con cui il malaffare si muove, la ‘ndrangheta si adegua «Spara di meno, ma è sempre più attenta a mediare, negoziare, dirimere i contrasti sul territorio, stringere rapporti privilegiati con il mondo imprenditoriale, politico-istituzionale e delle professioni: tutte condotte di copertura, attraverso le quali massimizzare i profitti illeciti, acquisendo sempre maggiori quote di mercato».
Il quarto capitolo è dedicato all’Emilia Romagna nella quale gli abitanti pensavano di essersi forgiati opponendo una dura resistenza al nazismo e al fascismo, ma dove il contagio è arrivato lo stesso, così come non sono risultate immuni le regioni Lombardia, in cui la ‘ndrangheta investe maggiormente e in cui è più presente (quinto capitolo). Al Veneto è dedicato il sesto capitolo e al Trentino Alto-Adige il settimo capitolo.
Nel districarsi dei capitoli restiamo sorpresi dalla quantità di consigli comunali sciolti anche al Nord per infiltrazioni mafiose e scoprire come un numero rilevante di imprese siano amministrate sotto l’egida della criminalità. Grazie alle rendite di posizione prodotte dai sequestri di persone, da traffici illeciti e altre attività criminose, la ‘ndrangheta ha avuto la possibilità di infiltrarsi nelle imprese lecite di tipo fortemente speculativo, come l’edilizia, lo smaltimento dei rifiuti o altre attività economiche. La ‘ndrangheta non usa più metodi violenti, quelli che sono stati utili per spianarsi la strada, ha nella sua disponibilità professionisti abili e capaci di risolvere problemi, che si confondono negli ambienti di lavoro e produttivi, aggiungendo alla capacità imprenditoriale la condotta illegale, che consente di moltiplicare più facilmente la rendita.
Il libro è documentatissimo e ricco di informazioni preziose. Apprendiamo che anche recentemente la capacità pervasiva del sistema criminale si è diffusa: «In piena pandemia sono stati stipulati 14.000 atti di compravendita di quote societarie, aziende che sono passate di mano, a fronte delle tante che invece non hanno lasciato traccia. A mediare, a negoziare, a trattare sono stati, ancora una volta, imprenditori e professionisti, faccendieri e soci occulti, gente in grado di strumentalizzare i vantaggi competitivi del rapporto sinergico e simbiotico con i boss che si arricchiscono quotidianamente con i proventi del malaffare».
Il libro si districa in un ginepraio di malaffare nel quale è difficile individuare quale vittima il corpo sociale dell’imprenditoria del Nord che, invece, con tantissimi suoi esponenti, si è servita della ‘ndrangheta e con essa si è confusa aprendole le porte. Così ai colpevoli di condotte delinquenziali corrispondono complici nel mondo imprenditoriale, professionale e politico.

La Ciminiera – Aprile 2022